Roma sparita

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24 giugno 2022

Roma sparita. Il caldo estivo e i rimedi per la malaria


Gianicolo, fontanone 
dell'acqua Paola
(G.Van Wittel)
Il piacere di stare all'aria aperta d'estate a Roma sparita nelle ore del tramonto e della sera era ..rischioso per la salute!! 
Residenti, stranieri, e viaggiatori sapevano tutti che era imprudente trattenersi nelle belle e profumate serate estive fuori, all'aperto..
Ma che fare se il caldo dei mesi di luglio e agosto diventava calor febbrile, cioè faceva così caldo da alzare la temperatura corporea ?
Si credeva che un segno che l'aria dell'estate romana non era buona era l'assenza delle mosche. 
Se l'aria non era buona per le mosche figuriamoci per i cristiani!! 


Il problema dell'Agro Romano
Roma nel 1870, in quanto sede della monarchia e della corte, del governo e degli organi centrali della burocrazia si avviava ad essere oggetto d’una massiccia trasformazione edilizia e urbanistica. 
C'era però anche un annoso problema da risolvere: intorno alla città si estendeva una landa desolata e semideserta: l'Agro romano.
Si trattava di un immenso territorio fatto di pascoli e boschi infestati da stagni paludi, interrotto da pochi seminati e da una fascia di vigne ed orti dentro la città. 
Era un territorio insalubre, infestato dalla temibile malaria. 
Questi luoghi inospitali erano famosi anche per le scorrerie dei briganti che vi dominavano incontrastati.

L'Agro Romano è il vasto territorio intorno a Roma, con una superficie di oltre 212.000 ettari, che fino alla bonifica era pressocchè disabitato perché infestato dalla malaria
Era diviso in 362 latifondi, e la proprietà più estesa era della famiglia Borghese con 22.000 ettari, seguìta dal Capitolo di San Pietro e dall'Ospedale di Santo Spirito. I terreni, salvo poche eccezioni, non erano condotti dai proprietari, ma dati in fitto ai cosiddetti mercanti di campagna, categoria imprenditoriale di grande intraprendenza che provvedeva direttamente alla gestione delle aziende ricavandone proventi considerevoli e corrispondendo ai proprietari un utile fisso che permetteva loro di vivere senza preoccupazioni.
A partire dal 1884, dopo una ponderata e seria valutazione tecnico scientifica delle diverse possibilità d’intervento sulla difficile e pericolosa situazione, si decise la realizzazione di una serie di canali che avrebbero consentito il deflusso delle acque stagnanti con cui le paludi furono ridotte.

La malaria nell'Agro romano
Sin dal medioevo la malaria a Roma, e nel suo distretto, mieteva un alto numero di vittimee il più noto e attrezzato ospedale della città, il Santo Spirito, accoglieva ogni anno migliaia di “uomini febbricitanti”. 
Scarsissima la popolazione che ci viveva, così descritta:"uno stato di vita quasi selvaggio, vitto scarso e cattivo rendono miserabilissime le condizioni di vita della campagna romana".
Se Roma non fosse diventata capitale del Regno, difficilmente il problema
della malaria sarebbe stato affrontato sin dagli inizi degli anni Settanta dell'800.

La malaria
particolare dell'Agro romano
Le febbri malariche erano molto diffuse nella popolazione: particolarmente fra gli operai e i braccianti agricoli, che erano costretti a lavorare all’aria aperta nelle campagne dell'Agro durante la stagione estiva.
La malaria, termine che deriva dall'italiano 'mala aria' ed è stato adottato nella letteratura medica internazionale, è una malattia febbrile ed acuta,  trasmessa agli esseri umani attraverso la puntura delle zanzare di solito tra il tramonto e l'alba.
Il quadro clinico della malaria esordisce acutamente con febbre accompagnata da brividi e sudorazione; la febbre decorre inizialmente in modo irregolare e solo dopo una settimana tende a ripetersi con accessi periodici, distanziati tra loro di 48 ore (malaria terzana) o di 72 ore (malaria quartana).

Rimedi popolari per curare la febbre
Per affrontare le febbri provocate dalla malaria, potevano mancare i consigli delle comari romane? 
Uno dei rimedi consigliati, e riportato da Zanazzo,  consisteva nel mettere in una pentola bella grande due boccali di acqua, e la buccia di una diecina di limoni romaneschi. Si dovevano far bollire fino al consumo dell'acqua di circa la metà.
Quest'acqua si doveva poi imbottigliare e bere, nella dose di mezzo bicchiere la mattina e mezzo bicchiere a mezzogirono e mezzo bicchiere la sera.
Inoltre si doveva stare ben coperti, sudare e così si sarebbe guariti.

Contro le febbri terziane

Hebert, La malaria
Per le febbri che colpivano gli ammalati ogni 48 ore, si consigliava di bollire in una pentola bella grande due boccali e mezzo di acqua, due libbre di  salvia, una libbra di rosmarino. Si doveva anche in questo caso ridurre i liquidi della metà.
Quindi andava filtrata, imbottigliàta, e bevuta la mattina a diggiuno, e come si diceva a Roma saprita: non si doveva avere paura di nulla....

Contro le febbri quartane
Contro la malaria quartana , che veniva ogni 72 ore si procedeva come per le febbri terziane, sortanto che invece di metterci l’acqua nella pentola ci si dovevano mettere due boccali o tre di vino buono. Quindi si doveva bere: mezza fojetta (1) la mattina, mezza a mezzogiorno, e mezza la sera; fino  a completa guarigione.. 

Anche Gioacchino Belli conosceva l'aria cattiva di Roma...
Una conferma dell'aria cattiva che si respirava a Roma, nei caldi mesi di luglio e agosto, è in un sonetto del poeta Giuseppe Gioacchino Belli intitolato appunto L’aria cattiva scritto il 5 giugno 1845. 

Belli invita, con grande impeto, i forestieri ad andarsene per paura del caldo, e delle epidemie che spesso si portava dietro.
Belli si conosceva il terribile colera che quasi 10 anni prima gli aveva portato via via la moglie Mariuccia.

L’aria cattiva

Scappate via, sloggiate, furistieri:
fora, pe ccarità, cch’entra l’istate.

Presto, fate fagotto, sgommerate,
ché mmommó a Rroma sò affaracci seri.

Nun vedete che ppanze abburracciate?
che ffacce da spedali e ccimiteri?
Da cqui avanti, inzinenta li curieri
ce mànneno le lettre a ccannonate.

Si arrestate un po’ ppiú, vve vedo bbrutti,
ché cqui er callo è un giudizzio univerzale:
l’aria de lujj’e agosto ammazza tutti.

Pe ppiú ffraggello poi, la ggente morta
séguita a mmaggnà e bbeve, pe stà mmale
e mmorí ll’ann’appresso un’antra vorta.


[Versione

Scappate via forestieri, 
fuori per carità che entra l'estate
: fuori, preparate i fagotti, sgomberate, 
che adesso a Roma sono affari seri. 

Non vedete che pance gonfie ? 

che facce da ospedali e cimiteri?
Da qui in avanti, i corrieri 
consegnano le lettere con il cannone.


Se restate un pò di più, vi vedo brutti, 
che qui il caldo è come il giudizio universale:
l'aria di luglio e agosto ammazza tutti.
Per maggiore flaggello poi, la gente sebbene sia quasi morta 
continua a mangiare e a bere, per star male
 e morire l'anno appresso un'altra volta]
-----------------
(1) Le misure utilizzate a Roma per il vino erano: il Sospiro o Sottovoce era un semplice bicchiere, corrispondente ad un decimo di litro; poi c’era il Cirichetto, cioè un quinto di litro, il Quartino, la classica Fojetta da mezzo litro e il Tubbo, un litro. La caraffa da due litri veniva invece chiamata Barzilai, dal nome di un politico romano di fine ‘800, inizio ‘900, che usava offrire vino in gran quantità ai suoi elettori.

10 gennaio 2022

Medicina popolare, col freddo ecco i geloni.


Nella Roma sparita, per la mancanza di riscaldamento nelle case, si pativa il freddoI camini rappresentavano un vero e proprio oggetto di lusso dai costi non certo indifferenti.
Almeno fino al 1368 nella città dei papi ci sono testimonianze che raccontano che non si trovavano camini nella maggior parte delle abitazioni.
Il popolo, che viveva quasi sempre all'aria aperta, pativa il freddo e per riscaldarsi aveva la pericolosa abitudine di far ardere il fuoco in mezzo alle case, in terra, o dentro a cassoni ripieni di terra. 
Per tal motivo le strade, soprattutto quelle secondarie, dovevano spesso essere piene di fumo, che non potendo sprigionarsi di sopra ai tetti, danneggiava l'aria e i prospetti delle case, contribuendo a dare alla città quella tinta scura apprezzata da romani e forestieri, definita severa. 
Aiutava a mitigare il freddo di tutte le case (ricche e povere) il benedetto scaldino portatite il cosìdetto prete usato per scaldare i  letti gelati e i bracieri, utilizzati ancora oggi per riscaldare gli ambienti.
I camini
Donna che urina
(decorazione greca)
In Europa solo dal XVIII secolo la tecnica dei camini si evolve, in stretto collegamento con maggiore diffusione del progresso e del benessere. E nel secolo XIX  si registra in questo settore una vera e propria rivoluzione .
Si sta parlando, come detto sopra, della più evoluta Europa (e anche più fredda) e delle case dei ricchi. Assai diversa era e rimase anche nell'800 a Roma la situazione delle case dei popolani, dove, in mancanza del camino, lo scaldino e il braciere rimasero per parecchio tempo l'unico mezzo per contrastare il freddo dei mesi invernali. 

I geloni e i rimedi per curarli. L'urina
E proprio a causa del freddo si sviluppano i geloni. Questi infatti sono una alterazione cutanea conseguente all'esposizione al freddo, e soprattutto al freddo umido. Insorgono di solito nei primi mesi invernali, localizzandosi alle mani, ai piedi, ai calcagni, al volto, al naso e ai padiglioni auricolari; possono localizzarsi anche alle ginocchia e ai glutei.

I rimedi delle comari romane per guarirli consistevano essenzialmente nell'uso di un prodotto economico e facilmente reperibile: cioè l'urina (la piscia in romanesco), utilizzata per il suo potere decongestinante
Uomo che urina
(miniatura)
L'urina si doveva applicare sulla parte malata prima di andare a letto per 4 o 5 sere di seguito.  

Anche se può sembrare bizzarro, è risaputo che l’ urina è un rimedio molto efficace contro i geloni. Bagnare una garza dentro la propria pipì e applicarla sulla zona affetta. In alcune zone d’Europa, questo rimedio è molto diffuso, con risultati soddisfacenti.

 

Altro rimedio naturale erano applicazioni fatte con la malva cotta, la salvia, l' aglio
, le mele cotte, le fragole mature o la farina di ceci. Infine si poteva provare anche con il sego, che avrebbe rinfrescato la parte lesa.
Invece per far passare il rossore provocato dai geloni, e che dava fastidio soprattutto ai bambini, la sera prima di andare a letto si dovevano fare un pediluvio di una decina di minuti con acqua calda...

G.G. Belli e i geloni
A dar consigli per guarire i geloni interviene anche un sonetto del poeta Belli intitolato   a Li ggeloniscritto il 31 dicembre 1835
Singolare il rimedio proposto da Belli: un impiastro fatto con le fragole mature, che però si trovano solo verso la primavera...Viene da chiedersi ma se i geloni si sviluppano d'inverno, le fragole il popolo romano dove le trovava? 
......Le guariggione astabbile e ssicure 
s’ottiengheno appricannose  a li piedi 
un impiastro de fravole  mature.....
[Versione.....le guarigioni stabili e sicure si ottengono applicandosi ai piedi un impiastro di fragole mature...]


3 settembre 2020

Roma sparita. Medicina popolare. Rimedi per curare vari dolori (pancia, milza, reni)


Nonostante già dall'Ottocento nasca la medicina contemporanea e si sviluppino le discipline mediche moderne, nella Roma sparita in molti non potevano permettersi il lusso di andare dal medico, dal chirurgo, dallo speziale o dalla levatrice. 
E allora ?? In caso di dolori vari si seguivano rimedi delle nonne, delle comari, sempre molto empirici e spesso legati alle credenze popolari, suggeriti per  alleviare varie fastidi e malanni fastidiosi.

Dolori di pancia. Per curare questi fastidi si utilizzavano rimedi naturali quali bere due dita di olio d'oliva, messe  dentro mezzo bicchiere di malva.
Faceva bene stendersi sul letto a bocca sotto.
Altro rimedio era quello di far bollire l'orzo con la semola, mettendoci dentro un'oncia di olio di ricino
Questo intruglio si doveva bere la mattina a digiuno. 
In sostanza si trattava di purganti, che avevano come scopo quello di liberare l'intestino...
Lo stesso rimedio faceva  bene anche per il mal d'urina, cioè per le infezioni alle vie urinarie. Soltanto che per questi usava l'acqua della gramigna. 

La gramigna. 
Le sue proprietà sono note sin dalla antichità : era consigliata nelle difficoltà di minzione,  nei calcoli urinari e come potente diuretico. 
La gramigna è da sempre conosciuta per le proprietà di infestante e per questo portata come termine negativo. In realtà è una pianta medicinale utile non soltanto agli uomini, ma anche agli animali. I cani ingoiano le foglie per liberarsi lo stomaco, mentre cavalli ed asini ne traggono giovamento dal consumo
Metodo infallibile per il mal di pancia
Fin qui erano rimedi fatti con erbe, cioè sostanze naturali. 
Invece veniva suggerito un altro rimedio più efficace.
Questa volta si trattava di una credenza popolare. Per non soffrire mai, ma proprio mai di dolori di pancia  il rimedio più sicuro ed economico è infatti questo che segue!!!
All'inizio del mese di marzo, ci si doveva buttare per terra e rotolarsi per 4 o 5 volte per terra, con il vestito..e così si poteva essere sicuri che, fino a quando non si andava a barachaimme ,i dolori di pancia sparivano. 
Con il termine barachaimme si voleva dire: andarsene all’altro mondo. Era una parola ebraica usata dagli Israeliti .

Dolori di reni. Con uno o due soldi di lardo di porco maschio, ci si doveva strofinare  ben bene la parte indolenzita per parecchio, e dopo un pò di tempo il malato si sarebbe sentito meglio (in dialetto "arifiatato").
I reni poi dovevano essere coperti con una pezza di lana riscaldata. 
antico vaso 
da farmacia

Dolori alla milza. Per questa malattia il rimedio suggerito dalle comari di Roma sparita era anch'esso collegato a una credenza e superstizione: quello di portare il malato  in un luogo dove non era mai passatoCome per esempio in qualche parte della Campagna romana.
L'ammalato si doveva portare dietro un bel pezzo di milza di vacca. Una volta arrivati, doveva fare da solo una bella buca per terra. Quindi ci avrebbe dovuto mettere, sempre da solo, il pezzo di milza e poi doveva ricoprire  la buca con la stessa terra; una volta coperta
ci doveva fare sopra una bella pisciata.
In pochi giorni, dopo fatta questa operazione, si poteva star certi che il dolore alla milza sarebbe passato completamente!!!

Mal di fegato o itterizia. Per guarire  dall'itterizia, cioè da una malattia del fegato,  sono sempre le comari che dettavano legge!!!
Si trattava di una cosa semplice semplice. Bastava un uovo fresco in cui mettere una cimice viva e il gioco era fatto. Si doveva bere l'uovo a digiuno e ...via l'itterizia passava.
Oppure si poteva utilizzare un infuso: gramìgna,  terra fojola de tartero (?), e cicoria di rabarbaro. Se ne doveva bere un cucchiaino ogni ora per qualche giorno, e il male sarebbe passato .



5 maggio 2019

Roma sparita. Superstizioni e rimedi per l'infanzia (1)

Bouguereau,William-Adolphe
Madre con bambino (sec. XIX)
Sono parecchie la credenze popolari, le superstizioni, i rimedi empirici della Roma sparita che riguardano i bambini piccoli
Sicuramente scaturivano dal desiderio di aiutare i genitori a proteggere proprio i più deboli dalle paure che l'umanità si porta dietro da sempre: le malattie innazitutto, le disgrazie e la cattiva sorte sempre in agguato. Inoltre c'erano anche i piccoli e  grandi problemi quotidiani, che la nascita e la crescita di un bimbo comportava. 
Ieri come oggi...
Richiesta di consigli e aiuti dagli esperti.
Si trattava della stessa richiesta di consigli, pareri, e talvolta aiuti che nei nostri tempi, infinitamente più evoluti, è soddisfatta da libri, riviste, trasmissioni televisive, e radiofoniche pronte a dispensare rimedi empirici e scientifici di tutti i tipi.


Nella Roma sparita la saggezza popolare, l'esperienza delle comari  è trasferita nelle preziose pagine di Zanazzo...Quasi una guida per la cura e la crescita dei bambini piccoli... 

4 maggio 2019

Roma sparita. Superstizioni e rimedi per l'infanzia (2)

A Roma sparita non erano molte le conoscenze medico-scientifiche. 
E nel caso delle malattie infantili, le cui cause erano perlopiù sconosciute,  si pensava subito  a qualche gesto scorretto della mamma,  alla cattiva alimentazione e...molto molto spesso a forme di magia nera o di malocchio provocate da persone invidiose, che forse non potevano avere bambini.
Per fortuna c'erano le vecchine, le comari a suggerire rimedi naturali per alleviare i problemi e le malattie tipiche dell'infanzia.  
I capelli. 
Può sembrare strano ma proprio questi erano i primi elementi da cui si poteva capire se  i bambini stavano male !! Infatti quando stavano dritti e non si potevano pettinare, ed erano duri e arsi come la stoppa allora ci si doveva preoccupare. 
Calore e stitichezza. 
Si dovevano fare i lavaggi (lavativi) all’intestino con un acqua in cui era stata bollita per un‘ora un soldo di trippetta, quella che si dava al gatto, per intenderci. Quest’acqua portava via il calore di cui soffrivano più le femminucce che i maschietti.  
Per chi soffriva di stitichezza una mano santa era costituita dalla triaca, di cui si è parlato[...]

15 novembre 2012

Medicina popolare. Per curare le emorroidi

Anche per questa fastidiosa malattia la medicina popolare della Roma sparita  propone alcuni rimedi empirici
Un primo rimedio è quello di usare il "gèsso de Genova" (?), che doveva essere fatto bollire in acqua fino a quando diventava una specie di fango, e così si applicava sopra la parte. 

Altro rimedio suggerito è una miscela composta da vari ingredienti. Tre once di burro messo a cuocere in un pentolino con l'aggiunta di una ranocchia viva. Si faceva friggere il tutto,  aggiungendo un soldo di "occhi di granchio", antica denominazione del carbonato di calcio (ottenuto polverizzando le concrezioni proprie del tubo digerente dell’"Astacus Fluvialis", crostaceo comune nei nostri fiumi. Era utilizzato come antiacido e assorbente, e aveva l’apparenza di una polvere bianca).
Quando questa miscela si era bene freddata si applicava e si strofinava sopra le emorroidi
Comunque il rimedio migliore è quello suggerito dalla superstizione: infatti per scongiurare questo malanno ci si doveva portare in tasca una castagna selvatica o ghianda

30 dicembre 2011

Roma sparita. Medicina popolare : i denti..


Nella Roma sparita , anche per la cura dei denti ci si rivolgeva alla medicina popolare e a suoi rimedi empirici. Da notare che esisteva già il concetto che è meglio prevenire che curare applicato alle carie dentali . 
Si era però ovviamente ben lontani dagli attuali metodi (pulizia, filo interdentale etc) , ma si utilizzava un elemento naturale cioè l'urina (in romanesco piscia). 


Per la prevenzione delle carie erano infatti consigliati sciacqui da farsi due volte al giorno ( mattina e sera) con la urina calda (piscio callo).  
Si poteva poi utilizzare la polvere del pane abbrustolito, quella del carbone pestato, la cenere del sughero e il bicarbonato in polvere. Quest'ultimo si usa anche oggi.

Se invece si trattava di denti cariati, per far passare il dolore ai denti si doveva mettere sopra un mozzicone di sigaro o sciaquarsi la bocca con l'acquavite. Una manosanta, era poi l'osso della pesca. Per prima cosa, si doveva mettere sulla cenere a riscaldarsi, quindi  si metteva   in bocca dalla parte del dente dolente.


Infine ..quando i denti facevano veramente male allora l'unico rimedio era quello di andare dal benemerito e popolare dentista  padre  Orsenigo dell'ordine del Fatebenefratelli che operava all'Ospedale dei Fatebenefratelli  a  San Bartolomeo all’Isola e farseli estrarre !!!
L'Ospedale all'Isola Tiberina aveva cominciato fin dal giugno 1585 - significativamente "per la festa di San Giovanni Battista", come annotato nell'antico Catastro del Convento - ad accogliere i malati...

19 dicembre 2011

Roma sparita. Medicina popolare : la cacarella (diarrea)


Nella Roma sparita, il fastidioso disturbo noto come diarrea, era chiamato: fuggitivacacarèlla, o diarèlla.  In questo caso ci si curava con rimedi naturali. Infatti per guarire da questo noioso malanno si doveva prendere una bella manciata di canipuccia, cioè di semi della canepa, che si davano anche da mangiare agli uccelli.
La canapa può essere infatti coltivata per due scopi principali: per la fibra tessile o per i semi.
Questi semi si dovevano pestare bene nel mortaio. Così pestati si dovevano mettere in una pezza pulita.
 Si prendevano poi due bicchieri: uno pieno d’acqua, e uno vuoto. In sostanza si faceva una  infusione intingendo la pezza con la canipuccia dentro il bicchiere con l'acqua: quando si era bene imbevuta , si toglieva e si spreméva dentro al bicchiere vuoto. Il liquido spremuto si beveva  e così la diarèlla spariva. 
Altro rimedio era quello, utilizzato anche oggi, di spremere in poca acqua un limone romanesco sano. Rimedio sicuro per far passare la fuggitiva.
Fanno pure bene li fumenti caldi (sic) , o tenere la pancia coperta bene con la lana.

16 dicembre 2011

Roma sparita. Medicina popolare : il male della Lupa



B.Pinelli, particolare
Altra malattia  della Roma sparita di  Zanazzo   è il cosìdetto mal della lupa , che affliggeva le creature cioè i bambini, che nonostante mangiassero tanto rimanevano secchi e malnutriti. Sembra comunque strano che, in un periodo in cui la malnutrizione delle classe popolari era costante, potesse esistere una malattia così.

Il rimedio suggerito dalle comari romane era collegato al mondo delle credenze popolari: si doveva portare la creatura  dal formaio e farla infornare !!!! Ovviamente si tratta di una metafora. 
Quando il forno era pieno di pane (si nno’ nun vale), l’infornatore, dopo aver aperto la porta del  forno, prendeva in braccio la creatura, e la faceva passare  per tre volte davanti al forno, dicendo ogni vorta :  Sfàmete, lupa! (cioè Sfamati, lupa)
L'allusione era alla voracità della lupa per cui mal della lupa è una locuzione usata per indicare una fame morbosa e nel linguaggio famigliare una fame insaziabile, voracità. Un grande appetito, insomma.

13 dicembre 2011

Roma sparita. Medicina popolare. Il malocchio.

Fatture, malocchio, invidia sono molto presenti nella vita di Roma sparita
Molto radicate e diffuse nella popolazione romana infatti appaiono le superstizioni, che attribuivano uno straordinario potere allo sguardo quale veicolo per produrre effetti negativi sulla persona osservata. 
Si credeva, e spesso si crede anche oggi, che la malasorte potesse colpire le persone invidiate o detestate. In particolare il malocchio  a Roma era detto anche "occhiaticcio". 
E proprio per questo si tramandava un antico rimedio reputato efficacissimo contro il malocchio.  Occorrevano 12 ranocchie vive da bollire in acqua. Una volta cotte, l'acqua di cottura veniva passata al setaccio, e, diventata fredda, ci si lavano gli occhi.
In effetti è stato scoperto recentemente come la pelle delle rane può essere una fonte potenziale di nuovi antibiotici . 


F.Hals, La strega di Harleem
Le rane vivono sia nelle acque correnti che in quelle stagnanti; se ne stanno di giorno a bagno e la notte salgono sulle prode dei fossi fra le erbette, cibandosi di insetti e di animaletti più piccoli di loro, ivi comprendendo i loro girini e le ranocchiette più giovani.  Ci sono rane in tutto il mondo e se ne calcolano circa duecento specie, molto simili fra loro.  
Nel Medioevo le rane avevano una cattiva fama:  intere, o con parte delle loro interiora erano spesso ingredienti principali per pozioni magiche e largamente usate dalle streghe. Successivamente le rane divennero cibo comune e anzi erano consigliate alle donne per ottenere un candido e trasparente incarnato. Infine in tempi di povertà, le rane ebbero, soprattutto al nord, un loro ruolo importante anche nell'alimentazione.

7 dicembre 2011

Roma sparita.Medicina popolare : gli occhi.

Proprio per proteggere il bene prezioso della vista, nella Roma sparita si alternavano credenze popolari  e rimedi naturali. Se lo sguardo fisso nei confronti del malato bastava per attaccarsi la stessa malattia agli occhi, le comari di Roma sparita consigliavano anche  i buchi agli orecchi  ai figli maschi per fargli indossare orecchini d'oro. 
All'oro infatti si attribuivano,  a causa della sua rarità e costo, miracolosi poteri, come quello di tener lontani dagli occhi tutti i malanni! C'erano però anche vari rimedi per curare le malattie gli occhi, basati quasi tutti sul sistema degli impacchi. 
1° rimedio 
Utile per la frussióne cioè la congiuntivite agli occhi era la mollica del pane vecchio impastata con acqua  e tre pizzichi di gomma arabica in polvere.
Si impastava la miscela molto bene fino a ridurla a un unguento, che andava applicato sugli occhi tramite un panno scarlatto. Si doveva tenere 24 ore esatte. Particolarmente delicata era l'operazione per togliere questo impasto, perchè si doveva stare bene attenti a staccàrlo piano piano, altrimenti a causa della forza potente poteva addirittura far storcere gli occhi!!

6 dicembre 2011

Roma sparita. Medicina popolare : le ossa.

Per i dolori alle ossa nelle Roma sparita si utilizzano tutti rimedi naturali. La cura di questi fastidiosi dolori 
si basava infatti  su un rimedio naturale di origine vegetale: le foglie di sambuco . Dopo aver coperto il corpo del malato di queste foglie, tutto il corpo doveva essere avvolto in una coperta di lana. L'applicazione di questa pianta favoriva infatti la sudorazione e doveva durare finchè le  foglie stesse non assorbivano il sudore stesso. 
Ancora oggi  questa pianta è usata in erboristeria come diaforetico, cioè per provocare o aumentare la sudorazione. 


Altro rimedio- cosidetto manosanta - era ritenuto quello di coprire la parte
B.Pinelli, venditore di teste di maiale
ammalorcicata cioè malata con la pelle del gallo, del coniglio o dell'agnello.  
Naturale anche la sostanza utilizzata per rimuovere i traumi agli stinchi, le rotture e le slogature alle ossa. Si utilizzavano infatti le cotiche del maiale. La cotica o cotenna è la pelle del maiale, che si doveva raschiare ben bene, e con il grasso così ottenuto si doveva strofinare sulla parte dolorante fino a che il dolore passava.

7 novembre 2011

Medicina popolare : la diagnosi

Per fare una diagnosi nella Roma sparita si utilizzavano metodi assai particolari e a volte.. fantasiosi. 
Nei "check-up" dei nostri antenati si guardavano con attenzione le dita della mano (guai se diventavano scure a contatto con l'oro), gli occhi (attenzione all'espressione sbattuta e alle occhiaie profonde) e la lingua (se sporca e bianca ci si poteva attendere di tutto). 
Comunque,  una volta fatta una diagnosi (sempre molto molto approssimativa), quasi sempre il rimedio più utilizzato era quello di farsi una bella purga!
Molto in voga era l'utilizzo dell'olio di ricino, che liberava stomaco e intestino. L'olio di ricino in sostanza era un lassativo,  dall'odore e dal sapore piuttosto sgradevolel!!!
L'utilizzo delle purghe era dovuto al  fatto che si riteveva che qualsiasi malattia trovasse beneficio nel trovare pulito lo stomaco  e l'intestino.