Roma sparita

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20 giugno 2022

Superstizioni popolari: le streghe

Nel mondo di Roma sparita legato alle credenze popolari, al malocchio, alle superstizioni si temeva anche il potere delle  streghe..e soprattutto le loro fatture. 
Anticamente, tutte le volte che il papa pontificava a San Pietro o in qualche altra delle sette basiliche, mandava una maledizione speciale contro le streghe, gli stregoni e i fattucchieri.
Il testo della maledizione era scritto sopra un foglio di carta; e dopo averlo letto, il papa stracciava il foglio e lo buttava in chiesa in mezzo alla folla.
Si scatenava, come dire, l'inferno...(in chiesa!!). Infatti per impossessarsi di quei pezzi di carta il popolo faceva a spinte, a pugni, colpiva con i tuzzi (doppio colpo dato prima con le dita e poi col polso)..

Le leggende. Era diffusa anche a Roma sparita la credenza di Benevento  e del noce. Si credeva cioè che le streghe si radunassero il sabato a Benevento sotto un albero di Noce, divenuto famoso.
Leggenda molto antica e addirittura di epoca longobarda (VII secolo).   
Sotto il dominio del duca Romualdo era solito svolgersi un rito singolare nei pressi del fiume Sabato che i Longobardi celebravano in onore di Wotan, padre degli dei: veniva appesa, ad un albero sacro, la pelle di un caprone; i guerrieri si guadagnavano il favore del dio correndo freneticamente a cavallo attorno all'albero colpendo la pelle con le lance, con l'intento di strapparne brandelli che poi mangiavano. In questo rituale si può riconoscere la pratica del dio sacrificato e fatto a pezzi, che diviene pasto rituale dei fedeli. Le riunioni sotto il noce,  provengono quindi molto probabilmente da queste usanze longobarde.
Frans Hals,
 
Malle Babbe, la strega di Haarlem
Un altra leggenda vuole che le streghe, indistinguibili dalle altre donne di giorno, di notte si ungessero le ascelle (o il petto) con un unguento e spiccassero il volo pronunciando una frase magica, a cavallo di una scopa di saggina. Contemporaneamente le streghe diventavano incorporee, spiriti simili al vento: infatti le notti preferite per il volo erano quelle di tempesta. Si credeva inoltre che ci fosse un ponte in particolare dal quale le streghe beneventane erano solite lanciarsi in volo, il quale perciò prese il nome di ponte delle janare.
A Roma sparita poi, la strega si identificava con la suocera.

Comportamenti e proverbi per tenere lontane le streghe. Le comari romane stavano molto attente quando si pronunciava la parola strega
Infatti per non farle arrivare subito si dovevano incrociare le gambe perchè le streghe hanno paura della croce .
C'era anche un metodo più sbrigativo per tenerle lontane. Parlando delle streghe si doveva dire: «Oggi è sabato, a casa mia!» .
Il sabato le streghe non possono andare in giro  perchè si radunavano sotto alla Noce di Benevento; e dunque dicendo così si prendevano in giro.
Perchè il martedì e il venerdi non si può partire nè tantomeno sposarsi cone recita un  proverbio giunto sino a noi : Né di Venere , né di Marte non ci si sposa e non si parte.
Semplice per scongiurare il pericolo  di incontrarsi per la strada con le streghe in viaggio per Benevento, che avrebbero potuto fare una fattura o qualche brutto scherzo.  

La fattura.
Le streghe (P.Bruegel)
Le streghe si potevano nascondere quindi sotto la sembianza di qualunque donna. Un metodo suggerito dalle comari di Roma sparita per sapere chi aveva fatto la fattura era quello di mettere tutti gli abiti della persona stregata in un callaro, cioè di un  grosso paiolo di rame  pieno d’acqua e metterlo a bollire sul fuoco. Quando il callaro bolliva, come per magia la persona da cui era partita la fattura si sarebbe presentata a casa. 
Altro metodo era quello di prendere un piatto e buttarci dentro un pò d'acqua. Poi ci si doveva versare tre o quattro gocce d'olio. Se l'olio si spandeva era un segnale positivo, se invece l'olio non si spandeva era segno che la fattura era stata fatta. Ma come sappiamo tutti l'olio galleggia nell'acqua e non si mischia con essa!!!
Precauzioni contro le fatture.
Si doveva stare bene attenti ad alcuni elementi che servivano per fare le fatture. Soprattutto i capelli!!!
Quando ci si pettinava o ci si tagliava i capelli, si doveva infatti seguire qualche precauzione. Ci si doveva sputare tre volte sopra, oppure raccoglierli, buttarli nel gabinetto e pisciarci sopra. Per certe fatture bastava tenere sotto il letto un treppiede.

Il cuore. 
Le comari, e le lavandaie romane consideravano pericoloso trovare per terra un cuore con le spille appuntate. Fino a quando tutte le spille non si sarebbero consumate, sarebbero durate le pene delle persona cui si rivolgeva la fattura.
Pezzetto di pane. 
Un'altra fattura si faceva con l'ultimo pezzetto di pane che lasciava a tavola la persona che si voleva affatturare. Il pane infatti si doveva infilare in uno zeppo insieme a un rospo.
Il rospo, poveraccio, infilzato si sarebbe agitato, avrebbe cercato di rivoltarsi, riducendo il pane in briciole. Col pane si sarebbe alimentato, e  una volta finito sarebbe morto.  Così con lui sarebbe morta la persona affatturata.
Le fatture però valevano se fatte da streghe, stregoni e fattucchieri che avevano come Dio il demonio.
Calzette o pedalini. 
Si doveva prendere una calzetta o un pedalino (così si chiamano a Roma i calzini), indossato dalla persona  a cui si voleva fare una fattura. Si metteva in una vaschetta piena d'acqua e si lascia inzuppare di acqua (infracicare) .
Quando il pedalino o la calzetta si erano inzuppati al punto di cadere a pezzi, allora la persona che si voleva affatturare sarebbe morta. 

Il rospo sotto il mattone. Si doveva mettere un rospo sotto un mattone, e 
fargli mangiare i capelli della persona cui si voleva fare la fattura. 
Qunado il rospo aveva finito di mangiare i capelli, schiattava  e insieme a lui sarebbe morto la persona affatturata. 


venditori di lumache
a San Giovanni
La notte delle streghe a San Giovanni.  Il tema delle streghe ritorna in occasione del 24 giugno, festa di San Giovanni,  patrono  di Roma.  
La festa ha inizio la notte prima, la famosa « notte delle streghe»
Religione e superstizione si intrecciavano in questo ricorrenza molto sentita dal popolo. 
E' la notte più breve dell'anno. Il 21 giugno infatti comincia l’estate è il solstizio d'estate, quando il sole raggiunge la sua massima inclinazione positiva rispetto all’equatore celeste, per poi riprendere il cammino inverso.  
Tutte le leggende si basano su questo evento considerato magico. 
Questo giorno era considerato sacro nelle tradizioni precristiane ed ancora oggi viene celebrato dalla religiosità popolare con una festa , il 24 giugno, quando nel calendario liturgico della Chiesa latina si ricorda la natività di San Giovanni Battista.
Secondo le tradizioni popolari, si credeva che le streghe in quella notte magica andassero in giro per la città a catturare le anime.
A Roma, ma anche in altre realtà locali, era festa grande. Si partiva  da tutti i rioni di Roma, al lume di torce e lanterne, e il popolo si concentrava a San Giovanni in Laterano per pregare il santo e per mangiare le lumache nelle osterie e nelle baracche.
Le lumache avevano un significato simbolico, poichè le loro corna rappresentavano discordie e preoccupazioni, quindi mangiarle significava distruggere le avversità.
E.F.Roesler, L'alba alla festa di san Giovanni.
L' imponente piazza si riempiva di tantissima gente, si mangiava e si beveva in abbondanza e soprattutto tanto rumore invadeva questi luoghi: trombe, trombette, campanacci, tamburelli e petardi di ogni tipo venivano suonati per impaurire le streghe, affinché non potessero cogliere le erbe utilizzate per i loro incantesimi.
Tutto questo baccano durava fino all'alba. Allora la festa si concludeva,  quando il papa si recava a San Giovanni per celebrare la messa, e dopo dalla loggia della basilica gettava monete d’oro e d’argento, scatenando così la folla presente.

28 maggio 2022

Roma sparita. Riti per l'Ascensione di Gesù.



Giotto-Ascensione di Gesù
La  festa dell'Ascensione di Gesù  si colloca di norma 40 giorni dopo la Pasqua.
In base a quanto narrato dal Nuovo Testamento, l'Ascensione è l'ultimo episodio della vita terrena di Gesù: questi, quaranta giorni dopo la sua morte e risurrezione, è asceso al cielo. 
Questa ricorrenza è celebrata in tutte le confessioni cristiane e, insieme a Pasqua e Pentecoste, è una delle solennità più importanti del calendario ecclesiastico.
A Roma sparita questa importante festa cristiana era caratterizzata da alcune credenze molto particolari.

Curiosando nei testi di Giggi Zanazzo. La vigilia dell'Ascensione veniva vissuta come un momento importante non solo per la tradizione cristiana, ma anche per la vita del popolino credulone, superstizioso e sempre in balia di eventi tragici e inspiegabili: malattie, disgrazie, catastrofi etc.
Così ogni occasione era buona per mettere in atto una serie di semplici gesti dettati dalle credenze popolari di cui le famose "comari" romane sapevano tutto.
La Maddonna andava in giro di notte.
Per una tradizione tramandata chissà da quando e da chi,  il popolo credulone doveva prendere un uovo fresco, metterlo un piccolo canestro, con dentro acceso un lumino, e ciò fatto depositarlo fuori della finestra all'aria notturna.

Si credeva infatti che la Madonna, nella notte,  andasse in giro qua e là e quando passava davanti alle case benedisse l'uovo.
Il giorno dopo si doveva prendere l'uovo, romperlo e dentro ci si sarebbe trovata cera vergine.
Questa sostanza diventava così miracolosa e si doveva conservare come una reliquia
Acquisiva infatti, non si sa come,  il potere di tenere lontani dalla casa i fulmini e le saette, e cosa ancora più importante tutte le disgrazie
E addirittura serviva anche a guarire le malattie!!

Erano tempi in cui ci si attaccava a tutte le superstizioni per allontanare da sè le disgrazie e le malattie!! 
Così importanti occasioni religiose erano accompagnate da una serie di riti e superstizioni cui il popolo credeva per allontanare la sfiga!!
Accanto al canestrello con l'uovo e il lume acceso,  fuori della finestra era in uso mettere anche un secchio d'acqua.
Ovviamente quest'acqua diventava benedetta, e  la mattina dopo, giorno dell'Ascensione, sarebbe stata utilizzata per lavarsi e si sarebbe dovuta bere. 
L'acqua che rimaneva si conservava, perchè era una mano santa per i dolori alle gengive e per tanti altri malanni.


2 novembre 2020

Roma sparita. Superstizioni: il malocchio.


Nella Roma sparita, il malocchio (detto anche occhiatticcio) era una delle credenze più diffuse. Grande era il potere malevolo che si attribuiva allo sguardo. Si credeva infatti che proprio con lo sguardo si potessero produrre effetti negativi sulla persona osservata: in sostanza portare malasorte, iella, sfortuna su persone invidiate o comunque detestate. 
Questa credenza, priva di alcuna validità scientifica o di riscontri oggettivi, è diffusa in molte culture presenti e passate. 
Gli effetti immaginari del malocchio consisterebbero in una serie di presunte disgrazie, sciagure (etc) che, improvvisamente  e senzo motivo, accadrebbero alla persona colpita, la quale potrebbe però  suggestionarsi e attribuire fatti negativi a questi oscuri poteri.
Per contrastare il malocchio in tutte le culture popolari è molto diffuso il suggerimento di portare con sè un amuleto portafortuna,  variabile da cultura a cultura.

Amuleti. 
A Roma sparita gli amuleti per contrastare il malocchio erano parecchi e consistevano nel portàre addosso: la mollica del pane, o il  sale, o il pelo del tasso, o l’acqua delle sette basiliche. 
Queste chiese erano: San Pietro in Vaticano, San Paolo fuori le mura, San Giovanni in Laterano, San Lorenzo fuori le mura, Santa Maria Maggiore, Santa Croce in Gerusalemme, San Sebastiano fuori le mura. 
Tutte e sette erano collegate fra di loro per via del pellegrinaggio promosso da San Filippo Neri nella metà del Cinquecento. 
Le sette chiese 
Il Sacerdote fiorentino Filippo Neri nei giorni del carnevale romano – proprio per distogliere i fedeli dalle “seduzioni” che offriva – seguito da un gruppo sempre eterogeneo e numeroso di persone, si avviava cantando “vanità di vanità, tutto il mondo è vanità”, in una lunga “passeggiata” che toccava i luoghi di culto più importanti della Città Santa.
Come al solito i romani, con il cinismo che li caratterizza, hanno dato all'espressione "fare il giro delle sette chiese"  una valenza negativa. A Roma infatti questa frase è usata per indicare : perdere tempo girando senza scopo oppure cercare affannosamente qualcuno che dia ascolto.

Corni di corallo rosso.
In assoluto però gli amuleti più consigliati erano i cornétti di  corallo rosso fatti a mano. Perchè proprio questi oggetti sono portatori di fortuna , ieri come oggi?
Si tratta di una credenza molto molto antica. 
Il corno nell'antichità  era simbolo di potenza e di fertilità e quindi era di buon augurio per chi lo possedeva. Per il popolo poi il corallo, in quanto pietra preziosa aveva il  potere di scacciare malocchi e proteggere le donne incinte. Lo stesso per il colore rosso  viene associato spesso, e in molte culture, alla fortuna. Fatto a mano perché acquista poteri benefici dalle mani che lo realizzano.Per fare effetto, questi ultimi dovevano e devono essere trovati per la strada o ricevuti in regalo
Ancora oggi questa superstizione è molto diffusa.
Invidia mascherata. 
Che fare se ci si accorgeva che qualcuno per invidia stava facendo il malocchio ? Subito subito  si doveva dire : "Malocchio nun ce possi, e ttaràntola t’entri in cu.."(Versione. ...malocchio non puoi fare, la tarantola ti entri in culo..)
Un caso ancora più ambiguo era quando  l'invidia si mascherarava dietro affermazioni positive del tipo : "Come state bianco e rosso che Dio ve benedica! Come state in salute e etc. etc. ".
Attenzione, anche in questo caso si dovevano fare gli scongiuri...le diffusissime corna. Questo gesto sembra derivare dalle antiche donne romane, che utilizzavano mettere un anello amuleto nel mignolo e nell'indice, e per scongiurare la iettatura chiudevano le altre dita.

14 marzo 2020

Superstizioni popolari: la civetta porta-sfortuna


La civetta, come molti altri animali notturni, è considerato dalla tradizione popolare un animale che porta sfortuna, e molti si augurano che non si metta mai a cantare sopra il proprio tetto, perchè secondo le superstizioni popolari annuncia disgrazie, o addirittura la morte di un abitante della casa. 
E anche a Roma sparita era ritenuta un animale di malaugurio

La civetta e le streghe nei secoli.
Fin dall'antichità e anche per altre culture, la civetta era un simbolo di negatività e di malasorte. Durante il periodo medievale la civetta era associata alla stregoneria: era credenza diffusa che le streghe si servissero di questi uccelli (considerati loro demoni, come il gatto) per realizzare malvagi sortilegi
Addirittura le streghe si credeva avessero la capacità di trasformarsi in civette per girare indisturbate la notte in cerca di erbe velenose, per spiare le
persone, per cacciare animali (soprattutto topi, rospi e pipistrelli) che sarebbero serviti loro per realizzare diabolici filtri. Alcune parti del corpo delle civette, come ad esempio le piume, il cuore, le zampe, le ossa e gli occhi, venivano usate dalle streghe (e non solo) come potenti amuleti e talismani. 
Addirittura, in magia nera, se ne imbalsamava il corpo intero. 


La civetta a Roma sparita
Come già si visto le superstizioni, le credenze erano molto diffuse nel popolo di Roma sparita. In qualche modo si dovevano spiegare fenomeni che all'epoca erano misteriosi: perchè accadevano? chi li provocava? Che cosa si poteva fare per contrastarli?
E così si attribuivano a questo animale, poco conosciuto perchè viveva di notte, varie azioni malevole. 
Come quella collegata alla presenza in casa di qualche moribondo. Si credeva che la civetta sentisse l'odore della morte e dove giaceva un agonizzante  andava sul tetto per tre sere di seguito, emettendo un verso simile al pianto
Secondo la tradizione popolare  il verso della civetta poteva essere simile anche al riso. 
Ascolta il verso della civetta:

Può far morire un neonato
Un'altra superstizione era relativa alla presenza in casa di qualche creatura in fasce. 
Appena suonava l'Avemaria (mezzora circa dopo il tramonto), se fuori della finestra erano stese delle fasce, si doveva andare subito a ritirarle in casa. 
Perchè? La civetta poteva fare il malocchio, e di conseguenza quella povera anima di Dio addirittura morire


Anche del malocchio abbiamo già parlato e a Roma sparita erano tante le occasioni che venivano attribuite al malocchio!! [per saperne di più]  
Tornando al malocchio fatto dalla civetta, c'era però un rimedio per il quale le madri ringraziano in ginocchio! 
Appena si vedeva la civetta, ci si doveva mettere a strillare con tutto il fiato: 
«Sóra Checca, portale la palétta, pe’ scottà’ er culo a la ciovetta!»
[Sora Checca, portale la paletta, per scottare il culo alla civetta!!] Detto questo, non si faceva in tempo a finire, che la civetta capendo il succo del discorso, si metteva a volare velocemente.  

La civetta e l'usanza delle veglie funebri
Una spiegazione plausibile a questa brutta fama che l'ignara civetta si è conquistata è forse questa che segue.
In passato quando non c'era ancora la corrente elettrica la casa del defunto, veniva illuminata con candele e lanterne, e assieme alla famiglia, si usava vegliare e pregare per l'intera notte la persona appena scomparsa. 
Ora questa usanza ha fatto si che succedessero due cose: in primo luogo, nelle notte in cui si effettuavano le veglie funebri le persone, che normalmente in passato andavano a dormire con il calare del sole, rimanevano sveglie per l'intera notte, aumentando in questa maniera la probabilità di sentire il canto degli animali notturni; poi le case in cui si vegliava il morto, erano illuminate cosa che, come ben sappiamo, costituisce un' attrattiva irresistibile per molti insetti notturni come le falene. 
E le falene sono una parte rilevante della dieta di alcune civette, che pertanto erano attirate dalla inusuale concentrazione degli insetti intorno alle case insolitamente illuminate. Di conseguenza la probabilità che chi vegliava un morto sentisse cantare una civetta, aumentava moltissimo. Facile perciò per le persone arrivare a credere che la civetta canti in occasione della morte di qualcuno o, più in generale, che porti sfortuna. 

5 maggio 2019

Roma sparita. Superstizioni e rimedi per l'infanzia (1)

Bouguereau,William-Adolphe
Madre con bambino (sec. XIX)
Sono parecchie la credenze popolari, le superstizioni, i rimedi empirici della Roma sparita che riguardano i bambini piccoli
Sicuramente scaturivano dal desiderio di aiutare i genitori a proteggere proprio i più deboli dalle paure che l'umanità si porta dietro da sempre: le malattie innazitutto, le disgrazie e la cattiva sorte sempre in agguato. Inoltre c'erano anche i piccoli e  grandi problemi quotidiani, che la nascita e la crescita di un bimbo comportava. 
Ieri come oggi...
Richiesta di consigli e aiuti dagli esperti.
Si trattava della stessa richiesta di consigli, pareri, e talvolta aiuti che nei nostri tempi, infinitamente più evoluti, è soddisfatta da libri, riviste, trasmissioni televisive, e radiofoniche pronte a dispensare rimedi empirici e scientifici di tutti i tipi.


Nella Roma sparita la saggezza popolare, l'esperienza delle comari  è trasferita nelle preziose pagine di Zanazzo...Quasi una guida per la cura e la crescita dei bambini piccoli... 

4 maggio 2019

Roma sparita. Superstizioni e rimedi per l'infanzia (2)

A Roma sparita non erano molte le conoscenze medico-scientifiche. 
E nel caso delle malattie infantili, le cui cause erano perlopiù sconosciute,  si pensava subito  a qualche gesto scorretto della mamma,  alla cattiva alimentazione e...molto molto spesso a forme di magia nera o di malocchio provocate da persone invidiose, che forse non potevano avere bambini.
Per fortuna c'erano le vecchine, le comari a suggerire rimedi naturali per alleviare i problemi e le malattie tipiche dell'infanzia.  
I capelli. 
Può sembrare strano ma proprio questi erano i primi elementi da cui si poteva capire se  i bambini stavano male !! Infatti quando stavano dritti e non si potevano pettinare, ed erano duri e arsi come la stoppa allora ci si doveva preoccupare. 
Calore e stitichezza. 
Si dovevano fare i lavaggi (lavativi) all’intestino con un acqua in cui era stata bollita per un‘ora un soldo di trippetta, quella che si dava al gatto, per intenderci. Quest’acqua portava via il calore di cui soffrivano più le femminucce che i maschietti.  
Per chi soffriva di stitichezza una mano santa era costituita dalla triaca, di cui si è parlato[...]

10 ottobre 2018

Roma sparita. Credenze, superstizioni e riti legati alla morte


Nel 1800 la durata della vita media era salita fino a 30-35 anni, aumentando di seguito molto rapidamente, grazie agli effetti della rivoluzione industriale, fino a raggiungere i 45 anni all’inizio del 1900 e a superare di gran lunga i 70 anni, attestandosi attualmente sui 76 anni circa per gli uomini e sugli 81 anni circa per le donne. 
Questo fenomeno si è accompagnato  al drastico abbattimento del tasso di mortalità infantile, e  ha inevitabilmente comportato, negli ultimi duecento anni, un enorme incremento demografico della popolazione mondiale.

E a Roma sparita in particolare la morte e le malattie erano molto presenti nella cultura popolare fatta di superstizioni, credenze popolari e riti contro la jettatura e il malocchio e, perchè no, il  buon senso comune. 
Vediamo quanto ci racconta Zanazzo...

L'ammalato
Quando l'ammalato non si curava più di scacciare le mosche che lo andavano a infastidire, era segno che non c'era più speranza di guarire.
E ciò si ricollega anche alle condizioni poco salubri in cui viveva il popolo romano, che ovviamente influivano sulla salute, causando epidemie e rapida diffusione di alcune gravi malattie infettive (come tubercolosi, malaria, colera,  peste, rabbia etc...), che, anche a causa delle scarse conoscenze mediche, causavano molte vittime.
C'erano poi tutta una serie di credenze popolari molto diffuse nella popolazione. Come quella che considerava un malaugurio mettere un lume ai piedi di qualcuno che sta a letto ammalato.
Un'altra credenza era poi quella secondo la quale che se qualche volta una persona sentiva come un leggera scossa dietro le spalle, così all'improvviso, che provocava come un brivido, si credeva fosse la morte, che era passata attraverso la persona e le aveva fatto provare quella sensazione. 

Morte di un famigliare
Alcune credenze riguardavano proprio i defunti. Così quando un famigliare morendo restava con gli occhi aperti, era segno che qualche altra persona della famiglia presto gli sarebbe andato dietro, per questo era meglio chiuderli subito. 
Quando qualcuno sognava che gli cadeva un dente era segno anche qui che sarebbe morto un parente. 

Credenze circa i defunti
Si credeva poi che se il funerale di un defunto fosse avvenuto quando pioveva, avrebbe continuato a piovere per altri tre giorni interi, quasi a significare che anche il cielo piangeva.
Appena il feretro usciva da casa, si doveva prendere una scopa e dare una bella scopata per tutto il percorso, dalla porta fino al primo ripiano delle scale, e magari a tutte le scale fino al portone. Questa scopata serviva a scongiurare il pericolo che il morto si portasse dietro qualcun altro di casa. 
Quest’uso aveva per origine il timore pagano dei’ sortilegi. Si credeva infatti che gli agonizzanti ed i morti portassero una sorta di sfortuna ai vivi.
Appena l’infermo era spirato tutti abbandonavano la casa. 
Se durante il trasporto un morto cadeva dalle spalle del beccamorto o dal cataletto, era segno che l'anima del morto stava all'inferno.
Bisognava, quando si moriva farsi raccomandare al beccamorto, che nel seppellire il morto lo calasse sotto terra nel modo più dolce, che gli era possibile. 
Infatti se lo avessero buttato malamente, si credeva che in tal modo l'anima sua sarebbe andata a  sprofondare all'inferno. 


Parenti dei defunti
A Roma sparita, in quelle epoche passate, quando un ammalato stava per morire la famiglia quasi sempre andava via da casa.
C'era sempre qualche parente o, amico pietoso, che per non far soffrire la famiglia del moribondo cercava dall'allontanarla da casa.
Non si accompagnava il morto al Camposanto.
Ci pensavano i preti, i frati e i fratelloni di qualche Confraternita che si occupana proprio dei morti.

Si trattava di istituzioni sorte nei secoli passati per fare opere di carità oltremodo utili dal punto di vista sociale in epoche in cui, come è noto, non esisteva un servizio funerario organizzato da pubblici o da privati, ma la cura, con relative spese, del trasporto del feretro e della sepoltura era lasciata alle singole famiglie, e quindi chi era povero ne era automaticamente escluso.
Almeno fino al primo Ottocento i cadaveri venivano sepolti nelle chiese più vicine alla località in cui erano stati rinvenuti. 
Poi dopo la dominazione francese tutto cambiò, ma questa è un'altra storia.....

[Approfondimento...]


La sepoltura 
Seguendo una tradizione che ha origini medioevali, per i cattolici la massima aspirazione, una volta morti, era quella di riposare all’interno delle chiese, e i luoghi più ricercati erano proprio quelli adiacenti alle reliquie o comunque agli altari dove si celebrava messa. 
Questi spazi, ovviamente, erano appannaggio dei più ricchi e potenti. 
Chiesa di Santa Maria del popolo
Sontuosa tomba
della principessa di Piombino
(M.Eleonora 
Boncompagni 
Ludovisi)
E così a Roma sparita anche la morte era collegata allo status sociale del defunto. E girando per le tante chiese di Roma è ancora possibile vedere, e in tanti casi anche ammirare, vari tipi di tombe: lastre tombali poste sul pavimento o sulle pareti, veri e propri monumenti funerari, alcuni sistemati in cappelle di famiglie nobili, antichi sarcofagi (etc)...
Ai poveri veniva riservato un altro trattamento: i loro cadaveri erano relegati sotto il chiostro delle varie chiese in larghe e profonde fosse comuni senza bara, semplicemente cuciti nei loro sudari. E quando queste fosse erano troppo piene, venivano chiuse e gli scheletri spostati  nelle gallerie dei chiostri, nei solai della chiesa, o sotto i fianchi delle volte e anche contro muri e pilastri.
I funerali e la tumulazione dei cadaveri all’interno delle chiese era gestito dai parroci, fino al XIX secolo.

Nel corso dei secoli tale operazione era diventata un vero e proprio introito per le parrocchie, tanto che la celebrazione di un funerale al di fuori della parrocchia doveva essere seriamente motivata da parte degli eredi e era fonte di un indennizzo. Accanto ai parroci erano sorte delle confraternite laicali impegnate in varie opere di assistenza sociale, che davano anche sepoltura solenne ai cadaveri dei propri Associati. Addirittura nel secolo XVI era sorta  La compagnia della morteche aveva come primo primo scopo statutario, di seppellire i cadaveri dei poveri, in special modo di quelli abbandonati nelle campagne.
[Approfondimento...]


I parenti non accompagnavamo mai la salma al cimitero. 
Nell’aristocrazia, i genitori non mettevano il lutto per i figli, nè i fratelli per le sorelle a meno che non fossero maritate. Le fanciulle non vestivano a lutto che per i genitori ed i nonni.
Se il morto era un prete, oppure qualche principe o qualche principessa o un’altra persona nobile, lo vestivano con gli abiti di consoni alla sua posizione e con quelli di gala, e lo portavano sul cataletto a viso scoperto. 
Appresso al defunto andavano i servitori in gran livrea con le torce accese, le carrozze e li cavalli del morto, o della morta. 
Nel caso purtroppo molto diffuso, a causa della mortalità infantile, se il morto era un neonato o un ragazzino, si faceva accompagnare in chiesa dalla Compagnia dell’Orfanelli, che allora vestivano da pretini, tutti di bianco. 
Il morticino si portava scoperto, tutto vestito di bianco e con una corona di fiori bianchi ai piedi. 

La vita continua,  dopo il funerale
Appena era andato via da casa il defunto, si pensava a scacciare via la malinconia con qualche buona cenetta o con  qualche altro divertimento
E il giorno appresso, ognuno de la famiglia  cercava di mettere in regola lo stomaco, scombussolato per il dolore sofferto, prendendo ad es... un  buon  purgante.

26 maggio 2018

Roma sparita - Riti magici per innamorati


E sull'amore a Roma sparita, le comari romane la sapevano lunga...
I consigli per risolvere le questioni fra innamorati erano, come al solito, dettati da credenze popolari, superstizioni etc. che si tramandavano da madre in figlia...
Da notare che i consigli si rivolgevano esclusivamente alle donne..e questo la dice lunga sulla condizione subordinata della donna in amore, e non solo.
I suggerimenti per le ragazze che litigavano col fidanzato (a Roma era usanza chiamare l'innamorato fritto).
e volevano far pace consistevano perlopiù nel recitare delle cantilene abbinate a piccoli riti. 
Una di queste consisteva nel mettersi alla finestra e aspettare la prima stella che appariva nel cielo. Quindi dire così:
«Stella der mare turchin celeste,
Fa cch’er core de chi mm’ama stii in tempeste:
Stii in tempeste tale che nun possi ariposà’,
Ni bbeve, ni mmagnà’,

E ssempre a mme ppossi pensà’».
[Versione «Stella di mare turchina celeste, 
fa che il cuore di chi mi ama stia in tempesta:
stia in una tempesta tale che non possa riposare, non bere, non mangiare, e sempre a me possa pensare»]

Dette queste parole, l'innamorata doveva fare attenzione ad alcuni avvenimenti...
Se si sentiva abbaiare un cane era segno che il ragazzo era fedele.
Se si sentiva fischiare un uomo, era segno di tradimento
Se si sentiva suonare una campana era segno che pensava a lei ... 
Il rituale continuava facendo un nodo al laccio del grembiule e dicendo tre Pater noster .

A volte si ricorreva alla fattucchiera (e il luogo dove fioriva questo tipo di attività era il ghetto di Roma). Con due fettucce, una bianca e una rossa, la fattucchiera faceva una treccia lunga lunga.  E dopo averla consegnata all' innamorata diceva : «Ogni otto giorni, sciogli un nodo da una parte e rifarlo dal'altra»  e rivolgendosi al diavolo in persona: «Diavolo agisci: sciogli l’odio e lega la pace».
E la maga, la fattucchiera ancora oggi è spesso una figura ricercata da chi soffre per amore e vuole legare a sé qualcuno con pozioni e riti magici  ...

Il nodo. A ben vedere, spesso questi suggerimenti delle comari romane  ruotavano intorno  alla simbologia del nodo inteso come metafora  del legare a sè la persona amata.
Un altro rito prevedeva che all'una di notte l'innamorata si affacciasse alla finestra, e , mentre annodava il fazzoletto, recitasse una cantilena:  «Un’ora bbatte, un’ora sôna,
Io sto ddrento, lui stà ffôra.
Vadi a llevante, vadi a pponente,
Vadi (er nome de’ regazzo) co’ ttanta ggente:
Che ffai? che ppensi? Indove vai?
— Vado da quella fattucchiera (er nome de la regazza).
Che mme fa ’na fattura potente e fforte
Che nu’ la possi lasciare fino a la morte»

[Versione. «Un'ora batte, un'ora suona,
Io sto dentro, lui sta fuori,
Vada a levante, vada a ponente,
vada (nome del ragazzo) con tanta gente:
Che fai ? Che pensi? Dove vai?
- Vado da quella fattucchiera (il nome della ragazza)
che mi fa una fattura potente e forte
che non lo possa lasciare fino alla morte»]
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Quindi doveva legare il fazzoletto e dire: «In questo modo té voglio legare; come un Cristo té voglio incrociare , Ché nun me possi mai lasciare!»]
[Versione «In questo modo ti voglio legare;
come un Cristo ti voglio mettere in croce, affinchè tu non mi possa più lasciare».]

Il rito prevedeva poi che la ragazza buttasse una manciata di sale grosso per le scale; e infilasse un coltello sotto il tavolino da pranzo, lasciandolo lì fino a sera...I tempi previsti per questo rito erano stretti:un'ora in tutto.

Il coltello nella Roma sparita era un elemento fondamentale per gli uomini e anche per le donne. 
Appena una ragazza si metteva a fare l’amore, la prima cosa che regalava al suo ragazzo era proprio un coltello. Sulla lama spesso faceva incidere il suo nome : Nina, ’Nunziata, Rosa, Crementina, oppure: Amore mio, core mio, stella mia, pensiero mio. 
E risulta anche che a vendere i coltelli fossero, zitte zitte nei vicoli di Roma, proprio le donne romane.

Le serenate.  Altra tradizione importante nel mondo di Roma sparita erano le serenate fatte dall'innamorato alla sua bella.
Di notte, le strade all'epoca era quasi tutte al buio, in quanto mancava l'illuminazione e i lampioni erano rari come le mosche bianche. Buio pesto quindi soprattutto al rione Regola, Monti e per Trastevere.
Spesso nella notte buia o illuminata solo dalla luna,  una bella voce rompeva il silenzio cantando una tarantella accompagnata dal colascione *  o dal mandolino.
La serenata  era fatta da qualche giovanotto che stava in collera con la sua ragazza, e questa, a sentirlo cantare s’inteneriva e apriva la finestra per salutarlo. Allora la pace era fatta !
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 *Antico strumento musicale popolare a tre corde