Roma sparita

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30 giugno 2022

Roma sparita. Il "lago di piazza Navona"

Antonio Joli
Il lago di piazza Navona
Il 23 giugno del 1652 papa Innocenzo X inaugurò la consuetudine di far allagare per far divertire e rinfrescare i Romani durante la calura estiva una delle piazze più belle di Roma : Piazza Navonadove si affacciava il palazzo di famiglia : i  Pamphilj.
Di questo papa, così legato a sua cognata la temibile Olimpia Maidalchini abbiamo già parlato qui >>

E non finì tutto dopo la conclusione del suo pontificato, ma per circa due secoli, a partire da quell’anno, nei sabati e domeniche di agosto piazza Navona si trasformava in un lago. 
Ovviamente il fondo della piazza era diverso, in quanto ora la piazza ha un andamento convesso, datole dalla pavimentazione realizzata dopo il 1870. Prima  invece era concava e questo permetteva l’allagamento. 
L’evento coinvolgeva tutti i ceti sociali: i nobili con le loro splendide carrozze, e i popolani.
I racconti...
Molti fatti curiosi accaduti, vennero ingranditi nella memoria popolare e tramandati dalle cronache dell’epoca fino a tramutarsi quasi in leggenda. 
La piazza spesso era teatro di vere e proprie gare di invenzioni e sfarzo che coinvolgevano le famiglie aristocratiche, che talvolta facevano teatralmente “solcare le acque” da calessi a forma di gondole o navi di legno e cartapesta, alcune con vele e rematori. 
L'acqua attirava bambini e popolani che si immergevano per fare il bagno, giocare e fare scherzi, dopo essersi spogliati, tanto che un editto proibì di denudarsi per entrare in acqua. 
Un cronista racconta che nel 1717 alcune dame "forse scaldate dal vino, spogliatisi si tuffarono in quelle acque" rischiando anche di affogare senza il pronto intervento di alcune persone gettatesi in acqua vestite. Si racconta anche del cavallo di un marchese che vi sia affogato, perché gli rimase incastrata una zampa in una buca. 
Fatti come questi, descritti con parole esagerate hanno alimentato la leggenda, alquanto inverosimile perché contrasta con tutte le stampe dell’epoca, che l’acqua potesse raggiungere in almeno un punto quasi l’altezza di un uomo, un metro e oltre
Sicuramente, invece, data la struttura della piazza e i livelli del basamento delle fontane e dei palazzi, l’altezza dell’acqua poteva difficilmente superare i 50 centimetri.  

Un altro cronista narra invece che nel 1730 il figlio del re d'Inghilterra si divertisse a gettare monete nell'acqua per vedere i ragazzini buttarsi in acqua vestiti facendo a gara per ripescarle. Un po’ come più tardi sarebbe accaduto nella Fontana di Trevi. 

Pericolo zanzare
Una prima sospensione del lago avvenne nel 1676: si temeva che generasse l"aria cattiva", di cui parla G.G. Belli in un sonetto (leggi qui)
foto di piazza Navona allagata
nell'Ottocento
In ambito medico una prima intuizione sulla zanzara come trasmettitore della malaria era stata prefigurata da Giovanni Maria Lancisi (1654-1720). Medico papale e professore alla Sapienza, Lancisi nel suo De noxiis paludum effluviis, eorumque remediis (1717) distingueva gli effluvi miasmatici in inorganici e animali, tra cui le zanzare che introducevano con il morso “un liquido velenoso” nei vasi sanguigni.  La soluzione avanzata era quindi una bonifica idraulica, attraverso il prosciugamento di stagni e paludi
Si rifesce l'allagamento nel 1703, in onore della regina di Polonia in visita a Roma, dopo che il medico privato del papa, il citato Lancisi, aveva dichiarato che non vi erano pericoli per la salute
Anzi proprio in quell'occasione il principe Pamphilij entrò in acqua con un maestoso calesse a forma di gondola dorata. 
Fino alla seconda metà dell’Ottocento.
Il lago proseguì quale spettacolo popolare, luogo di incontro, corteggiamento, ma anche comoda occasione data ai cocchieri per rinfrescarsi e lavare le proprie carrozze. 
G.P. Pannini - Il lago di piazza Navona
Andò però via via perdendo la sontuosità, e rimasero soltanto gli spettacoli delle bande militari e dei pompieri. L'ultimo allagamento di cui si ha notizia venne effettuato nel 1865. 
Le immagini
Alcune immagini documentano questa meraviglia.
La prima è il dipinto di Giovan Paolo Pannini (Piacenza1691 – Roma1765) che ritrae il cosìddetto lago : tutto è ordinato, il popolo fa da cornice al lago solcato da poche carrozze.

vedi Immagine in alto- Un altra bellissima veduta del lago di piazza Navona, è quella dipinta da Antonio Joli (Modena, 13 marzo 1700 – Napoli, 29 aprile 1777), che è stato un pittore e scenografo italiano, esponente del Vedutismo.  
Giuseppe Vasi
Qui la piazza è molto affollata di carrozze e cavalieri, mentre il popolo se ne sta prudentemente ai lati....
Non poteva mancare una bella  litografia di Giuseppe Vasi (Corleone, 27 agosto 1710 – Roma, 16 aprile 1782)  
e anche un'altra litografia
Félix Benoist 
con parecchie figure femminili e maschili che si godono la magia dell’acqua, di Félix Benoist (1818, Saumur – 1896, Nantes), pittore francese e litografo. Alcuni suoi lavori sono conservati nel Pushkin Museum a Mosca.

Racconta Zanazzo..

Tutti i sabati e le domeniche d'agosto, si otturava
la chiavica della fontana in mezzo a piazza Navona, e la piazza che era fatta a scendere, si allagava tutta.
Che bel divertimento!La mattina ci si andava in carrozza, o con la carettella (piccola carrozza). Zanazzo ricorda di esserci andato con il padre a sguazzare nell'acqua per sciacquare le ruote infangate della carrozza, quando ritornavano dalle grotte di Testaccio. La domenica dopo pranzo poi, in un grande palco piantato sotto palazzo Doria-Pamphilj, fra il portone di Sant'Agnese c'era la banda dei pompieri che suonava tante sonate per rallegrare la gente. Intorno al lago c'erano una gran quantità di cocomerari che strillavano: "Correte , pompieri, che va a fuoco". E poi i venditori di mosciarelle, di bruscolini, di mandorle; ragazzini che si prendevano a spinte e si buttavano nell'acqua; gente che per scherzo schizzava acqua in faccia: urla,strilli, risate da non dire, ecco che cos'era il lago di piazza Navona.


24 giugno 2022

Roma sparita. Il caldo estivo e i rimedi per la malaria


Gianicolo, fontanone 
dell'acqua Paola
(G.Van Wittel)
Il piacere di stare all'aria aperta d'estate a Roma sparita nelle ore del tramonto e della sera era ..rischioso per la salute!! 
Residenti, stranieri, e viaggiatori sapevano tutti che era imprudente trattenersi nelle belle e profumate serate estive fuori, all'aperto..
Ma che fare se il caldo dei mesi di luglio e agosto diventava calor febbrile, cioè faceva così caldo da alzare la temperatura corporea ?
Si credeva che un segno che l'aria dell'estate romana non era buona era l'assenza delle mosche. 
Se l'aria non era buona per le mosche figuriamoci per i cristiani!! 


Il problema dell'Agro Romano
Roma nel 1870, in quanto sede della monarchia e della corte, del governo e degli organi centrali della burocrazia si avviava ad essere oggetto d’una massiccia trasformazione edilizia e urbanistica. 
C'era però anche un annoso problema da risolvere: intorno alla città si estendeva una landa desolata e semideserta: l'Agro romano.
Si trattava di un immenso territorio fatto di pascoli e boschi infestati da stagni paludi, interrotto da pochi seminati e da una fascia di vigne ed orti dentro la città. 
Era un territorio insalubre, infestato dalla temibile malaria. 
Questi luoghi inospitali erano famosi anche per le scorrerie dei briganti che vi dominavano incontrastati.

L'Agro Romano è il vasto territorio intorno a Roma, con una superficie di oltre 212.000 ettari, che fino alla bonifica era pressocchè disabitato perché infestato dalla malaria
Era diviso in 362 latifondi, e la proprietà più estesa era della famiglia Borghese con 22.000 ettari, seguìta dal Capitolo di San Pietro e dall'Ospedale di Santo Spirito. I terreni, salvo poche eccezioni, non erano condotti dai proprietari, ma dati in fitto ai cosiddetti mercanti di campagna, categoria imprenditoriale di grande intraprendenza che provvedeva direttamente alla gestione delle aziende ricavandone proventi considerevoli e corrispondendo ai proprietari un utile fisso che permetteva loro di vivere senza preoccupazioni.
A partire dal 1884, dopo una ponderata e seria valutazione tecnico scientifica delle diverse possibilità d’intervento sulla difficile e pericolosa situazione, si decise la realizzazione di una serie di canali che avrebbero consentito il deflusso delle acque stagnanti con cui le paludi furono ridotte.

La malaria nell'Agro romano
Sin dal medioevo la malaria a Roma, e nel suo distretto, mieteva un alto numero di vittimee il più noto e attrezzato ospedale della città, il Santo Spirito, accoglieva ogni anno migliaia di “uomini febbricitanti”. 
Scarsissima la popolazione che ci viveva, così descritta:"uno stato di vita quasi selvaggio, vitto scarso e cattivo rendono miserabilissime le condizioni di vita della campagna romana".
Se Roma non fosse diventata capitale del Regno, difficilmente il problema
della malaria sarebbe stato affrontato sin dagli inizi degli anni Settanta dell'800.

La malaria
particolare dell'Agro romano
Le febbri malariche erano molto diffuse nella popolazione: particolarmente fra gli operai e i braccianti agricoli, che erano costretti a lavorare all’aria aperta nelle campagne dell'Agro durante la stagione estiva.
La malaria, termine che deriva dall'italiano 'mala aria' ed è stato adottato nella letteratura medica internazionale, è una malattia febbrile ed acuta,  trasmessa agli esseri umani attraverso la puntura delle zanzare di solito tra il tramonto e l'alba.
Il quadro clinico della malaria esordisce acutamente con febbre accompagnata da brividi e sudorazione; la febbre decorre inizialmente in modo irregolare e solo dopo una settimana tende a ripetersi con accessi periodici, distanziati tra loro di 48 ore (malaria terzana) o di 72 ore (malaria quartana).

Rimedi popolari per curare la febbre
Per affrontare le febbri provocate dalla malaria, potevano mancare i consigli delle comari romane? 
Uno dei rimedi consigliati, e riportato da Zanazzo,  consisteva nel mettere in una pentola bella grande due boccali di acqua, e la buccia di una diecina di limoni romaneschi. Si dovevano far bollire fino al consumo dell'acqua di circa la metà.
Quest'acqua si doveva poi imbottigliare e bere, nella dose di mezzo bicchiere la mattina e mezzo bicchiere a mezzogirono e mezzo bicchiere la sera.
Inoltre si doveva stare ben coperti, sudare e così si sarebbe guariti.

Contro le febbri terziane

Hebert, La malaria
Per le febbri che colpivano gli ammalati ogni 48 ore, si consigliava di bollire in una pentola bella grande due boccali e mezzo di acqua, due libbre di  salvia, una libbra di rosmarino. Si doveva anche in questo caso ridurre i liquidi della metà.
Quindi andava filtrata, imbottigliàta, e bevuta la mattina a diggiuno, e come si diceva a Roma saprita: non si doveva avere paura di nulla....

Contro le febbri quartane
Contro la malaria quartana , che veniva ogni 72 ore si procedeva come per le febbri terziane, sortanto che invece di metterci l’acqua nella pentola ci si dovevano mettere due boccali o tre di vino buono. Quindi si doveva bere: mezza fojetta (1) la mattina, mezza a mezzogiorno, e mezza la sera; fino  a completa guarigione.. 

Anche Gioacchino Belli conosceva l'aria cattiva di Roma...
Una conferma dell'aria cattiva che si respirava a Roma, nei caldi mesi di luglio e agosto, è in un sonetto del poeta Giuseppe Gioacchino Belli intitolato appunto L’aria cattiva scritto il 5 giugno 1845. 

Belli invita, con grande impeto, i forestieri ad andarsene per paura del caldo, e delle epidemie che spesso si portava dietro.
Belli si conosceva il terribile colera che quasi 10 anni prima gli aveva portato via via la moglie Mariuccia.

L’aria cattiva

Scappate via, sloggiate, furistieri:
fora, pe ccarità, cch’entra l’istate.

Presto, fate fagotto, sgommerate,
ché mmommó a Rroma sò affaracci seri.

Nun vedete che ppanze abburracciate?
che ffacce da spedali e ccimiteri?
Da cqui avanti, inzinenta li curieri
ce mànneno le lettre a ccannonate.

Si arrestate un po’ ppiú, vve vedo bbrutti,
ché cqui er callo è un giudizzio univerzale:
l’aria de lujj’e agosto ammazza tutti.

Pe ppiú ffraggello poi, la ggente morta
séguita a mmaggnà e bbeve, pe stà mmale
e mmorí ll’ann’appresso un’antra vorta.


[Versione

Scappate via forestieri, 
fuori per carità che entra l'estate
: fuori, preparate i fagotti, sgomberate, 
che adesso a Roma sono affari seri. 

Non vedete che pance gonfie ? 

che facce da ospedali e cimiteri?
Da qui in avanti, i corrieri 
consegnano le lettere con il cannone.


Se restate un pò di più, vi vedo brutti, 
che qui il caldo è come il giudizio universale:
l'aria di luglio e agosto ammazza tutti.
Per maggiore flaggello poi, la gente sebbene sia quasi morta 
continua a mangiare e a bere, per star male
 e morire l'anno appresso un'altra volta]
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(1) Le misure utilizzate a Roma per il vino erano: il Sospiro o Sottovoce era un semplice bicchiere, corrispondente ad un decimo di litro; poi c’era il Cirichetto, cioè un quinto di litro, il Quartino, la classica Fojetta da mezzo litro e il Tubbo, un litro. La caraffa da due litri veniva invece chiamata Barzilai, dal nome di un politico romano di fine ‘800, inizio ‘900, che usava offrire vino in gran quantità ai suoi elettori.