Roma sparita

10 aprile 2020

Maschere romane. Meo Patacca e Rugantino


Meo Patacca e Rugantino sono due maschere romane che rappresentano certi bulli coraggiosi e intraprendenti, che si possono incontrare a Trastevere, il quartiere più popolare di Roma.

Chi era Meo Patacca
Meo Patacca é il classico bullo romano, sfrontato ed attaccabrighe, esperto ed infallibile tiratore di fionda, ma in fondo, generoso e umano.
Uno spaccone, che parla sempre in dialetto romanesco, mai vile quando scoppia una rissa.
Conosciuto a Trastevere e a Roma per il suo carattere difficile, permaloso e arrogante: prima discute con le mani poi con le parole, Meo Patacca è stato un tipo amato dai romani.
Questa maschera nasce verso la fine del '600, in un poema eroicomico scritto in romanesco, da Giuseppe Berneri (Roma,1637–Roma,15 settembre 1701).


Giuseppe Berneri e il suo poema.
Non si sa molto della vita di Berneri. Nato e vissuto a Roma, fu membro di diverse accademie letterarie del suo tempo, e soprattutto segretario dell'Accademia degli Infecondi, tesa a promuovere un teatro edificante religioso. Cortigiano di casa Rospigliosi, fu autore di drammi sacri e di commedie.  La sua opera principale è il "Meo Patacca ovvero Roma in feste nei trionfi di Vienna", un poema eroicomico  scritto in romanesco.
La composizione del poema, datato 1695-99,  è in ottave ed è formato da dodici canti [leggi qui].
Nel poema di Berneri Meo appare come uno sgherro cioè un "uomo d'armi al servizio di un potente" sempre pronto a battersi e a raccontare spacconateIl suo nome deriva dalla "patacca", il soldo che costituiva la paga del soldato, una somma pari a cinque carlini. E' il tipico popolano del teatro romanesco: indolente e attaccabrighe; lo sgherro facile alla rissa ed allo scontro, però privo di viltà. 
Entra in scena sempre con un costume che lo caratterizza:  calzoni stretti al ginocchio da legacci, giacca di velluto, sciarpa di colore sgargiante, retina che raccoglie i capelli facendo fuoriuscire solamente un ciuffo.
Meo  è il più bravo tra gli sgherri romaneschi, con una predisposizione naturale al coraggio ed alla lite. 
La donna di Meo è Nina, che sembra inventata a sua immagine :
Io so' trasteverina e lo sapete ;
nun serve, bbello mio, che cce rugate.

So' cortellate quante ne volete!

[Versione. Io sono trasteverina e lo sapete;
 non serve bello mio, che vi infastidite. 
Sono coltellate quante ne volete]
Questo stornello basta ad inquadrarne il carattere di donna romana prepotente e inclina alla lite!!
La trama del poema
Prendendo a pretesto un fatto storico, Meo Patacca narra le vicende di un giovane sgherro, cioè un popolano abile nel maneggiare le armi, con un alto senso dell'onore, che offriva i suoi servigi alla propria comunità, compiendo delle buone azioni e combattendo i soprusi. 
Tavola tratta da
Meo Patacca di B. Pinelli
Nell'apprendere la notizia che Vienna è stata assediata, Meo raduna i migliori sgherri di Roma e forma una piccola armata per dare aiuto alla città cristiana. Meo quindi arringa il popolo per sostenere la guerra contro i Turchi che assediano Vienna. Ha come antagonista Marco Pepe, un antieroe, un bullo a chiacchiere. Alla notizia della vittoria (1683), Meo devolve le somme raccolte per festeggiare. Roma è un tripudio di banchetti e di filate di carri allegorici. Ne fanno le spese i “provinciali”, presi a bastonate e i negozi del ghetto, saccheggiati.
Sullo sfondo, la storia d'amore di Meo con la sua spasimante Nuccia fa da contrappunto ai principali eventi della trama.
Tutti i personaggi sono modellati sui tipici popolani romani; alcune delle situazioni sono davvero divertenti, e disseminate da pungenti osservazioni dello stesso Berneri, che si riserva la parte del narratore, spesso aggiungendo i propri pensieri, e di tanto in tanto indugiando nella descrizione dei luoghi famosi di Roma che costituiscono l'affascinante ambientazione della storia.
Inoltre, il poema è una vera miniera di informazioni sulla vita di tutti i giorni nella Roma del tardo XVII secolo: come vestiva la gente del popolo, come era ammobiliata una casa comune, quali erano le formule di saluto, ed altre ancora
Il carattere delle situazioni che via via si dipanano è spesso comico. 
In questo Berneri aveva certamente attinto al celebre poema La secchia rapita (1622) del modenese Alessandro Tassoni e da G. C. Peresio, che aveva pubblicato Il maggio romanesco (1688),poema eroicomico pressoché gemello al Meo Patacca nella lingua e nella struttura, seppure ambientato nel Trecento.
Rugantino
Anche Rugantino è una maschera -più conosciuta- del teatro romano che impersona un tipico personaggio romanesco: er bullo de Trastevere, svelto co' le parole e cor cortello.
Un giovane arrogante e strafottente ma in fondo buono e  de core. 
Quindi riprende alcune degli aspetti che abbiamo visto in Meo Patacca. 
L'aspetto caratteristico di Rugantino è la ruganza, parola romanesca che significa "arroganza", termine da cui deriva il suo il nome
Dobbiamo risalire al burattinaio Ghetanaccio [leggi qui] che nelle sue rappresentazioni spesso aveva come protagonista proprio Rugantino, per intuire che le sue origini risalgano alla fine del 1700. 
La maschera tipica lo vede vestito da popolano con un abbigliamento povero: brache al ginocchio un po' consunte, fascia intorno alla vita, camicia con casacca e fazzoletto al collo.
Il coltello
Il coltello è un altro elemento immancabile e necessario allo sgherro, allo spaccone trasteverino, che vi ricorreva in qualsiasi caso si dovesse fare giustizia. 
Secondo la tradizione, (e così fece Nina con Meo), la ragazza regalava al ragazzo quale pegno d'amore un coltello con il proprio nome inciso. Questo era il compagno fidato da tenere sotto il cuscino la notte e in saccoccia durante il giorno. 
Per C. Pascarella il coltello era come un amuleto e Gigi Zanazzo, inoltre, scrive che una fanciulla si maritava controvoglia ad un uomo che non avesse mai avuto a che fare con la giustizia.