Roma sparita

20 febbraio 2020

Personaggi romani dimenticati. Il poeta dialettale Filippo Chiappini.

Filippo Chiappini nacque nel 1836 nel cuore della vecchia Roma. Il padre Francesco, barbiere, era un personaggio della Roma sparita e veniva chiamato “Cicerone dei barbieri”. Aveva una bottega proprio vicino alla piazza in cui è la statua di Pasquino.  Si fece conoscere per il parlare ironico, per gli epigrammi satirici, per le paquinate anche in latino, che gli costarono  un'attenta vigilanza da parte di spie e sbirri papalini. 
Filippo visse quindi in un ambiente stimolante e, con grandi sforzi economici da parte del padre, fu avviato agli studi di medicina.
Si laureò in medicina ed esercitò la professione per alcuni anni fino a quando, nel 1873, ottenne la cattedra di Fisica e Igiene presso la scuola superiore E. Fuà Fusinato (primo istituto superiore femminile laico della capitale), che tenne per trent’anni, coltivando nel frattempo numerosi altri interessi.
Morì nel 1905 a Roma, dove fu sepolto (tomba o si tratta solo iscrizione marmorea?) nella Basilica di Sant’Eustachio. 

Chiappini poeta e romanista
Si dilettava anche a scriveva poesie in lingua, in dialetto e in latino (da lui chiamati scherzosamente Crimina – in luogo di Carmina – latina), cimentandosi in sonetti, sestine, stornelli, poemetti satirici e apologhi, che rimasero però inediti
In dialetto romanesco scrisse più di duecento sonetti, pubblicati postumi dal nipote Luigi nel 1927.
Anche il teatro rientrava nei suoi interessi e andava raccogliendo notizie e aneddoti romani,  specialmente sul burattinaio romano Gaetano Santangelo
Questi spunti presi dalla strada confluirono nella Storia di Gaetanaccio, ripresa anche nel  repertorio di Petrolini; e nella biografia di un altro teatrante romano, Luigi Rondanini. Sono questi  gli unici testi che Chiappini accettò di pubblicare in vita. 
La sua attività di romanista gli valse l'amicizia con il giovane Trilussa e la fiducia del critico letterario (e non solo)  Luigi Morandi, che si servì del suo "preziosissimo aiuto", nell’ambito di un denso carteggio, mentre andava preparando la prima edizione integrale dei Sonetti del Belli

Vocabolario romanesco

La fama di Chiappini è legata al suo Vocabolario romanesco, o meglio alle oltre 5200 schede (oggi conservate nella Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele” di Roma) che egli venne raccogliendo e annotando nel trentennio che va dal 1870 al 1900.  
Si tratta di un’importantissima testimonianza lessicografica del dialetto di Roma, soprattutto perché nel periodo in questione la città subì profondi e decisivi cambiamenti a causa della sua elezione a capitale nazionale sia nel tessuto demografico (in questo arco di tempo gli abitanti capitolini raddoppiarono, per il consistente afflusso di immigrati per lo più originari dell’Italia centro-meridionale), sia nelle strutture socio-economiche, sia, come necessaria conseguenza, sul piano dialettale: ad esempio, è proprio in epoca postunitaria che si rafforza la tendenza alla perdita di intensità della /r/ intervocalica (come in tera, guera, Inghiltera), tratto che attualmente viene considerato come uno dei più caratteristici dell’uso romano.Lo schedario di Chiappini rimase inedito fino a quando, nel corso del II Congresso nazionale di Studi Romani (1930), si decise di affidarne l’edizione a Bruno Migliorini, giovane ma già valente filologo.
Il Vocabolario romanesco vide dunque la luce nel 1933, in pochi esemplari (circa trecento); in seguito, l’intolleranza fascista verso il dialetto impedì a lungo una ristampa dell’opera, che giunse solo nel 1945, arricchita da una serie di aggiunte e postille realizzate da Ulderico Rolandi.
Nel 1967, infine, venne stampata dall’Istituto di Studi Romani la terza edizione, nettamente migliore delle precedente soprattutto dal punto di vista grafico.