Una passeggiata nel Ghetto di Roma nel tardo pomeriggio, nei pressi del Portico d'Ottavia o vicino al Tempio, ci permette di ascoltare dei capannelli di persone che parlano e discutono usando qualche parola sconosciuta con un accento, una cadenza particolare che suona diversa all'orecchio, rispetto alla comune “calata” romanesca.
Si perchè gli ebrei romani hanno anche un loro dialetto.
Dobbiamo risalire agli oltre 300 anni di emarginazione e separazione vissuta dagli abitanti del ghetto, che hanno conservato oltre alla cucina kosher, anche un loro idioma.
Dobbiamo risalire agli oltre 300 anni di emarginazione e separazione vissuta dagli abitanti del ghetto, che hanno conservato oltre alla cucina kosher, anche un loro idioma.
Due dialetti a Roma
Paolo IV Carafa, con la bolla “cum nimis absurdum”, innalzò le mura per rinchiuderci gli ebrei. Era assurdo, secondo il papa, che gli ebrei colpevoli di deicidio vivessero accanto ai cristiani. Iniziò così il periodo più buio nella storia degli ebrei romani.
Fino alla seconda metà del '500 gli ebrei romani parlando usavano il volgare che si utilizzava a Roma, magari arricchendolo con termini ebraici, provenienti dalla vita religiosa o professionale.
Fino alla seconda metà del '500 gli ebrei romani parlando usavano il volgare che si utilizzava a Roma, magari arricchendolo con termini ebraici, provenienti dalla vita religiosa o professionale.
Nel 1555 la chiusura del ghetto determinò un destino diverso per i due volgari. Il romanesco comune, subendo l’influenza del toscano, penetrato nella città con i papi rinascimentali fiorentini, perse a poco a poco l'originale connotazione meridionale.
Gli ebrei invece diminuirono i contatti con il linguaggio della città, che intanto si andava evolvendo, e così mantennero inalterata nel recinto del ghetto l'antica parlata. E le caratteristiche di questo dialetto si rafforzarono, forse anche in seguito all'arrivo dei profughi dall'Italia meridionale.
Dentro le mura del ghetto aumentò il ricorso al lessico ebraico, i cui termini assunsero un valore anche di “difesa”: servivano a non farsi capire dagli altri, per esempio dai “birri” del papa.
Gli ebrei invece diminuirono i contatti con il linguaggio della città, che intanto si andava evolvendo, e così mantennero inalterata nel recinto del ghetto l'antica parlata. E le caratteristiche di questo dialetto si rafforzarono, forse anche in seguito all'arrivo dei profughi dall'Italia meridionale.
Dentro le mura del ghetto aumentò il ricorso al lessico ebraico, i cui termini assunsero un valore anche di “difesa”: servivano a non farsi capire dagli altri, per esempio dai “birri” del papa.
Crescenzo Del Monte
Costanzo Del Monte |
E' lo scrittore principale in dialetto giudaico-romanesco. A lui si devono anche i primi studi, che accompagnavano la pratica della poesia in dialetto. [Per leggere alcuni sonetti clicca qui]
Erede diretto delle tradizioni del ghetto, egli si rese conto che l’apertura delle mura, avvenuta nel 1849, e la conquista dei diritti civili da parte degli ebrei romani, dopo il 1870, avrebbero portato alla scomparsa di tali tradizioni e si impegnò affinché ciò non avvenisse.
Utilizzando questo dialetto che rischiava di scomparire, Crescenzo Del Monte pubblicò tre volumi di poesie in giudaico-romanesco, Sonetti giudaico-romaneschi (Firenze 1927), Nuovi sonetti giudaico-romaneschi (Roma 1932), Sonetti postumi giudaico-romaneschi e romaneschi (Roma 1955).
Erede diretto delle tradizioni del ghetto, egli si rese conto che l’apertura delle mura, avvenuta nel 1849, e la conquista dei diritti civili da parte degli ebrei romani, dopo il 1870, avrebbero portato alla scomparsa di tali tradizioni e si impegnò affinché ciò non avvenisse.
Utilizzando questo dialetto che rischiava di scomparire, Crescenzo Del Monte pubblicò tre volumi di poesie in giudaico-romanesco, Sonetti giudaico-romaneschi (Firenze 1927), Nuovi sonetti giudaico-romaneschi (Roma 1932), Sonetti postumi giudaico-romaneschi e romaneschi (Roma 1955).
Non solo poesie, ma annotazioni che descrivono e spiegano anche le circostanze, l’ambiente e i gesti dei personaggi rappresentati: cioè realistici quadretti.
Ai volumi di poesie, Crescenzo Del Monte aggiunse alcuni studi di carattere linguistico e folklorico che culminarono in un glossario del dialetto giudaico-romanesco, rimasto incompiuto e pubblicato postumo.
Qui riportiamo alcune parole giudaico romanesche, testimonianza della lingua parlata dagli ebrei di Roma.
Infine uno studio più recente sui modi di dire e sulle espressioni degli ebrei romani segnalo Morè Nello Pavoncello, Modi di dire ed espressioni dialettali degli ebrei di Roma (Roma 1988).
VEDI
Parole del dialetto giudaico-romanesco (da G.Zanazzo, Usi e costumi del popolo romano...)
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Ai volumi di poesie, Crescenzo Del Monte aggiunse alcuni studi di carattere linguistico e folklorico che culminarono in un glossario del dialetto giudaico-romanesco, rimasto incompiuto e pubblicato postumo.
Qui riportiamo alcune parole giudaico romanesche, testimonianza della lingua parlata dagli ebrei di Roma.
Infine uno studio più recente sui modi di dire e sulle espressioni degli ebrei romani segnalo Morè Nello Pavoncello, Modi di dire ed espressioni dialettali degli ebrei di Roma (Roma 1988).
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