Roma sparita

19 marzo 2022

Roma sparita - 19 marzo. La festa di San Giuseppe fra frittelle, sonetti e lunari.


Il friggitore di frittelle
nel giorno di  S. Giuseppe
(A.Pinelli 1832)
 Il 19 marzo, festa di San Giuseppe a  Roma  sparita era  festa grande.
Quel giorno in tutte le case dei  cristiani battezzati c'era l'usanza, a  pranzo, di mangiare le frittelle. 

Siamo in periodo di quaresima e per un giorno si rompeva il regime d’astinenza e si tornava al piacere della tavola imbandita. 

San Giuseppe 
è il santo collegato con i famosi dolci fritti, perché come racconta un' improbabile voce di popolo, aveva fatto anche il  friggitore.
La storia della festa di San Giuseppe 
Secondo la tradizione San Giuseppe, patrono dei falegnami e artigiani, è anche protettore dei poveri, per la condizione precaria nella quale vide venire al mondo il figlio. In questo giorno di marzo, si ricorda la sacra coppia di giovani sposi, arrivati in un paese straniero, in attesa del loro Bambino, che si videro rifiutare la richiesta di un riparo per il parto. 
In ricordo della violazione del sentimento dell'ospitalitàin alcune regioni viene ricordato questo brutto gesto con l'allestimento di un banchetto speciale dove i poveri sono spesso serviti dal padrone di casa. 

E a Roma la festa di San Giuseppe ha sempre avuto grande importanza. 
Sulla scia dell'antica Roma, quando il 17 marzo era dedicato alla festa delle Liberalia, dedicata al Liber Pater, divinità della Terra e dell’uomo; i giovani compiuti i 16 anni si recavano nel tempo dedicato sul colle Aventino indossando la toga virile, e dopo una cerimonia di iniziazione venivano reputati uomini adulti, pronti a crearsi una famiglia e fare figli. In segno di devozione si offrivano in dono alla divinità, e come buon auspicio ai partecipanti, pani e dolci di farina di grano fritti in olio e si ardevano falò per allontanare il freddo e il buio della stagione invernale. 
Poi il Cristianesimo sostituì la festa pagana con quella dedicata ad un altro padre simbolo, il padre putativo di Gesù, San Giuseppe
E questa festa divenne simultanea ai Baccanali, che si svolgevano alla vigilia dell’equinozio di primavera, riti dionisiaci licenziosi con lo scopo di propiziare la fertilità. 

Tra le chiese di Roma intitolate a San Giuseppe, la più antica è San Giuseppe dei Falegnami al Foro, dove anticamente si svolgeva una doppia festa: quella del santo e quella degli artigiani di cui il santo è protettore. 
La confraternita dei Falegnami, fino agli anni ’70,  organizzava solenni festeggiamenti e banchetti per strada a base di frittelle e bignè, da cui il detto romano “San Giuseppe frittellaro”. 
E proprio la frittura continua ad essere legata intimamente con san Giuseppe: secondo una improbabile leggenda il santo durante la fuga in Egitto abbandonò il suo lavoro di falegname e si industriò friggitore
Sempre a Roma per la questa ricorrenza,  i frittellari occupavano un’intera strada del quartiere Trionfale con enormi calderoni in cui friggevano vaporosi bignè e li farcivano con crema pasticciera. Le frittelle preparate in ricorrenza del 19 marzo, si preparano ancora oggi in forni e pasticcerie romane.
Questa festa era così sentita dal popolo romano, che è stata ricordata da poeti e scrittori come  Belli e Zanazzo.

Così racconta Giggi Zanasso.

A Roma sparita i preparativi iniziavano dalla vigilia, quando tutti i friggitori allestivano i loro banchi, coperti di frasche, adornati con bandiere, lanternoni e anche sui banconi vengono posti dei fogli con stampati dei sonetti, destinati ai pochi che sapevano leggere.
In alcuni di questi sonetti anonimi si lodavano i bignè per i loro effetti miracolosi..


I sonetti iniziavano con due versi di presentazione, per decantare i prodotti che vendevano.
"Qua ’gni finale se guarisce tutto: Speciarmente chi ttiè’ ’ntaccato er petto. Bôna pasta, bbon ojo e mmejo strutto Ve lo dice er seguente mio sonetto. 
[Versione. con questi (bignè) si guarisce tutto: specialmente chi soffre di malattie di petto. Buona pasta, buon olio e il miglior strutto. Ve lo dice il seguente mio sonetto]

Sonetto n.1 
Bigna venì’, sì, bigna venì’ da me,
Chi se vò le budella imbarsimà.
Avete tempo pe’ Roma a scarpinà,
Ché a sto posto bigna fermà er pie’.
Bigna sapé, perbrio, bigna sapé
Delle frittelle mie la qualità:
Le venne un cèco subbito a comprà
A capo a tre minuti ce vedé.
Là da Borgo uno stroppio se partì
Un sórdo e muto ce si accompagnò
Pe’ magnà le frittelle insina qui.
Le prese er muto e subbito parlò,
Quello che era sordo ce sentì,
E quello ch’era stroppio camminò(!).]


[Versione.
 
Bignè venite, sì vieni da me, chi si vuole conservare le budella.
Bignè sapete la qualità delle mie frittelle:
venne un cieco  a comprarle e in tre minuti cominciò a vederci.
Da Borgo uno storpio partì, un sordo e un muto andarono insieme per mangiare le frittelle sino a qui. Le comprò il muto e subito parlo, il sordo ricominciò a sentire e lo storpio camminò.]



2° sonetto 
Agli amatori delle frittélle.

Venite tutte qui ciumache belle
Veniteve a magnà’ le mi’ frittelle
Vieni, ti avanza o Popolo Romano
In questo spaccio di frittelle ameno
Vieni a gustar ciò che sa far mia mano
Con il volto pacifico e sereno (sic).
Non senti bollir l’olio da lontano,
Olio che di bontà ristora il seno?
E chi vuol bene mantenersi sano
Di frittelle mantenga il ventre pieno.

Vengano pur scherzevoli persone;
Ché le frittelle mie di riso e pasta
Troncherebbero il meglio e bel sermone.

Il mio lavor qualunque dir sovrasta:
L’eloquenza per fin di Cicerone
Diventerebbe muta e ciò ti basta.

Anche G. G. Belli scrive un Sonetto.
Il Poeta Belli aggiunge un'altra interessante nota di colore con il  sonetto dedicato proprio alle frittelle. Nei versi si parla dell'uso di stampare un sonetto dedicato a questi soffici dolci su un lunario da stamparsi  in foljo, termine tecnico di legatoria, o a libretto. Segno a Roma queste stampe  erano in circolazione e che Belli tutto sommato li apprezzava, insieme alla frittelle ovviamente!!  

Er zonetto pe le frittelle
Se vede bbe’ cche ssei poveta, e vvivi
co la testa in ner zacco. Er friggitore
che cquest’anno ha er concorzo er piú mmaggiore
e nnun c’è ffrittellaro che l’arrivi,
è Ppadron Cucchiarella. Ôh, ddunque, scrivi
un zonetto pe llui, tutt’in onore
de quer gran Zan Giuseppe confessore,
protettor de li padri putativi. (2)
Cerchelo longo,  e nun compone  quello
che ffascessi  l’antr’anno  a Bbariletto
e ttrovassi  in zaccoccia a ttu’ fratello.
Ner caso nostro sce voría  un zonetto
a uso de lunario, da potello 
stampà in fojjo, e, cchi vvò, ppuro a llibbretto.

[Versione. Il sonetto per le frittelle.
Si vede bene che sei poeta, e vivi con la testa nel sacco. Il friggitore che quest'anno ho il maggiore afflusso (di gente) e non c'è frittellaro che lo possa raggiungere, è padron Cucchiarella. O dunque scrivi un sonetto tutto per lui, tutto in onore di quel grande San Giuseppe confessore, protettore dei padri putativi. Cercalo lungo, e non comporre quello che hai fatto l'anno scorso a Bariletto e hai trovato in tasca a tuo fratello. Nel nostro caso ci vorrebbe un sonetto ad uso di lunario, da poterlo stampare in foljo, e chi vuole, pure a libretto.]
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NOTE. 1 Si vede bene. (2) Nel giorno di San Giuseppe sposo della Vergine, i cosí detti friggitori sfoggiano gran pompa ed appendono alle loro adobbate trabacche sonetti e anacreontiche, in onore di San Giuseppe e delle loro frittelle. Non è raro il veder queste paragonate fino alle stelle del firmamento. Né come può credersi il poeta vi manca pur mai alle lodi del frittellaio che gliene fa gustare in onorata mercede di ascrei sudori. Attalché di un tal friggitore Gnaccherino ebbesi una volta ad udire non esservi che «Un Sole in cielo e un Gnaccherino in terra». 3.Cercalo lungo. 4.Comporre. 5.Facesti 6. L’altr’anno. 7.Trovasti. 8. Ci vorrebbe. 9.Poterlo.  10. Lunarj in foglio e lunarj a libretto : è il grido de’ venditori de’ lunari, chiamati i Bugiardelli .