Roma sparita

10 ottobre 2018

Roma sparita. Credenze, superstizioni e riti legati alla morte


Nel 1800 la durata della vita media era salita fino a 30-35 anni, aumentando di seguito molto rapidamente, grazie agli effetti della rivoluzione industriale, fino a raggiungere i 45 anni all’inizio del 1900 e a superare di gran lunga i 70 anni, attestandosi attualmente sui 76 anni circa per gli uomini e sugli 81 anni circa per le donne. 
Questo fenomeno si è accompagnato  al drastico abbattimento del tasso di mortalità infantile, e  ha inevitabilmente comportato, negli ultimi duecento anni, un enorme incremento demografico della popolazione mondiale.

E a Roma sparita in particolare la morte e le malattie erano molto presenti nella cultura popolare fatta di superstizioni, credenze popolari e riti contro la jettatura e il malocchio e, perchè no, il  buon senso comune. 
Vediamo quanto ci racconta Zanazzo...

L'ammalato
Quando l'ammalato non si curava più di scacciare le mosche che lo andavano a infastidire, era segno che non c'era più speranza di guarire.
E ciò si ricollega anche alle condizioni poco salubri in cui viveva il popolo romano, che ovviamente influivano sulla salute, causando epidemie e rapida diffusione di alcune gravi malattie infettive (come tubercolosi, malaria, colera,  peste, rabbia etc...), che, anche a causa delle scarse conoscenze mediche, causavano molte vittime.
C'erano poi tutta una serie di credenze popolari molto diffuse nella popolazione. Come quella che considerava un malaugurio mettere un lume ai piedi di qualcuno che sta a letto ammalato.
Un'altra credenza era poi quella secondo la quale che se qualche volta una persona sentiva come un leggera scossa dietro le spalle, così all'improvviso, che provocava come un brivido, si credeva fosse la morte, che era passata attraverso la persona e le aveva fatto provare quella sensazione. 

Morte di un famigliare
Alcune credenze riguardavano proprio i defunti. Così quando un famigliare morendo restava con gli occhi aperti, era segno che qualche altra persona della famiglia presto gli sarebbe andato dietro, per questo era meglio chiuderli subito. 
Quando qualcuno sognava che gli cadeva un dente era segno anche qui che sarebbe morto un parente. 

Credenze circa i defunti
Si credeva poi che se il funerale di un defunto fosse avvenuto quando pioveva, avrebbe continuato a piovere per altri tre giorni interi, quasi a significare che anche il cielo piangeva.
Appena il feretro usciva da casa, si doveva prendere una scopa e dare una bella scopata per tutto il percorso, dalla porta fino al primo ripiano delle scale, e magari a tutte le scale fino al portone. Questa scopata serviva a scongiurare il pericolo che il morto si portasse dietro qualcun altro di casa. 
Quest’uso aveva per origine il timore pagano dei’ sortilegi. Si credeva infatti che gli agonizzanti ed i morti portassero una sorta di sfortuna ai vivi.
Appena l’infermo era spirato tutti abbandonavano la casa. 
Se durante il trasporto un morto cadeva dalle spalle del beccamorto o dal cataletto, era segno che l'anima del morto stava all'inferno.
Bisognava, quando si moriva farsi raccomandare al beccamorto, che nel seppellire il morto lo calasse sotto terra nel modo più dolce, che gli era possibile. 
Infatti se lo avessero buttato malamente, si credeva che in tal modo l'anima sua sarebbe andata a  sprofondare all'inferno. 


Parenti dei defunti
A Roma sparita, in quelle epoche passate, quando un ammalato stava per morire la famiglia quasi sempre andava via da casa.
C'era sempre qualche parente o, amico pietoso, che per non far soffrire la famiglia del moribondo cercava dall'allontanarla da casa.
Non si accompagnava il morto al Camposanto.
Ci pensavano i preti, i frati e i fratelloni di qualche Confraternita che si occupana proprio dei morti.

Si trattava di istituzioni sorte nei secoli passati per fare opere di carità oltremodo utili dal punto di vista sociale in epoche in cui, come è noto, non esisteva un servizio funerario organizzato da pubblici o da privati, ma la cura, con relative spese, del trasporto del feretro e della sepoltura era lasciata alle singole famiglie, e quindi chi era povero ne era automaticamente escluso.
Almeno fino al primo Ottocento i cadaveri venivano sepolti nelle chiese più vicine alla località in cui erano stati rinvenuti. 
Poi dopo la dominazione francese tutto cambiò, ma questa è un'altra storia.....

[Approfondimento...]


La sepoltura 
Seguendo una tradizione che ha origini medioevali, per i cattolici la massima aspirazione, una volta morti, era quella di riposare all’interno delle chiese, e i luoghi più ricercati erano proprio quelli adiacenti alle reliquie o comunque agli altari dove si celebrava messa. 
Questi spazi, ovviamente, erano appannaggio dei più ricchi e potenti. 
Chiesa di Santa Maria del popolo
Sontuosa tomba
della principessa di Piombino
(M.Eleonora 
Boncompagni 
Ludovisi)
E così a Roma sparita anche la morte era collegata allo status sociale del defunto. E girando per le tante chiese di Roma è ancora possibile vedere, e in tanti casi anche ammirare, vari tipi di tombe: lastre tombali poste sul pavimento o sulle pareti, veri e propri monumenti funerari, alcuni sistemati in cappelle di famiglie nobili, antichi sarcofagi (etc)...
Ai poveri veniva riservato un altro trattamento: i loro cadaveri erano relegati sotto il chiostro delle varie chiese in larghe e profonde fosse comuni senza bara, semplicemente cuciti nei loro sudari. E quando queste fosse erano troppo piene, venivano chiuse e gli scheletri spostati  nelle gallerie dei chiostri, nei solai della chiesa, o sotto i fianchi delle volte e anche contro muri e pilastri.
I funerali e la tumulazione dei cadaveri all’interno delle chiese era gestito dai parroci, fino al XIX secolo.

Nel corso dei secoli tale operazione era diventata un vero e proprio introito per le parrocchie, tanto che la celebrazione di un funerale al di fuori della parrocchia doveva essere seriamente motivata da parte degli eredi e era fonte di un indennizzo. Accanto ai parroci erano sorte delle confraternite laicali impegnate in varie opere di assistenza sociale, che davano anche sepoltura solenne ai cadaveri dei propri Associati. Addirittura nel secolo XVI era sorta  La compagnia della morteche aveva come primo primo scopo statutario, di seppellire i cadaveri dei poveri, in special modo di quelli abbandonati nelle campagne.
[Approfondimento...]


I parenti non accompagnavamo mai la salma al cimitero. 
Nell’aristocrazia, i genitori non mettevano il lutto per i figli, nè i fratelli per le sorelle a meno che non fossero maritate. Le fanciulle non vestivano a lutto che per i genitori ed i nonni.
Se il morto era un prete, oppure qualche principe o qualche principessa o un’altra persona nobile, lo vestivano con gli abiti di consoni alla sua posizione e con quelli di gala, e lo portavano sul cataletto a viso scoperto. 
Appresso al defunto andavano i servitori in gran livrea con le torce accese, le carrozze e li cavalli del morto, o della morta. 
Nel caso purtroppo molto diffuso, a causa della mortalità infantile, se il morto era un neonato o un ragazzino, si faceva accompagnare in chiesa dalla Compagnia dell’Orfanelli, che allora vestivano da pretini, tutti di bianco. 
Il morticino si portava scoperto, tutto vestito di bianco e con una corona di fiori bianchi ai piedi. 

La vita continua,  dopo il funerale
Appena era andato via da casa il defunto, si pensava a scacciare via la malinconia con qualche buona cenetta o con  qualche altro divertimento
E il giorno appresso, ognuno de la famiglia  cercava di mettere in regola lo stomaco, scombussolato per il dolore sofferto, prendendo ad es... un  buon  purgante.