Roma sparita

15 gennaio 2022

Gioachino Rossini e Jacopo Ferretti al teatro Valle nel 1817 con "La Cenerentola ossia La bontà in trionfo".

Nel 1817 il grande compositore Gioachino Rossini (Pesaro29 febbraio 1792  Passy13 novembre 1868 è a Roma. Collabora con il Teatro Valle. Qui si deve rappresentare una nuova opera. E così Rossini viene messo in contatto con Jacopo Ferretti, importante librettista romano.
Dalla collaborazione fra i due grandi nascerà La Cenerentola, ossia La Bontà in trionfo. 
Si tratta di un dramma giocoso in due atti su libretto di Giacomo Ferretti, che fu rappresentata per la prima volta al Teatro Valle di Roma il 25 gennaio 1817. 
Esecutori furono: Giacomo Guglielmi (Ramiro), Giuseppe De Begnis (Dandini), Andrea Verni (Don Magnifico), Caterina Rossi (Clorinda), Teresa Mariani (Tisbe), , Zenobio Vitarelli (Alidoro). Il soggetto è tratto da Cendrillon ou la petite pantoufle di Charles Perrault, con elementi dei libretti Cendrillon di Charles-Guillaume Etienne e Agatina, o la Virtù premiata di Felice Romani.
Il contralto Geltrude Righetti Giorgi, che era stata già la prima Rosina del Barbiere di Siviglia, cantò il ruolo della protagonista Angelina-Cenerentola).
La trama dell'Opera
Come suggerisce il nome, il soggetto dell'Opera è tratto dalla celebre fiaba di Charles Perrault; in realta, più ancora che alla favola, il testo del romano Jacopo Ferretti si rifà ad altri due libretti d'opera: "Cendrillon" di Charles Guillaume Etienne per Nicolò Isouard (1810) e "Agatina, o la virtù premiata" di Stefano Pavesi per Francesco Fiorini (1814).

Il riferimento principale però è quello alla favola di Charles Perrault, soprattutto per ragioni morali: a differenza di alcune versioni più aspre e violente del racconto, lo scrittore francese enfatizzò nella sua favola gli elementi del perdono e della virtù. Valori molto vicini alla sensibilità del tempo e certamente graditi alla censura Pontificia.

Sullo sfondo della vicenda, però, fa capolino una società degradata, calata a pennello nell'atmosfera romana di quegli anni, pervasa dalla corruzione, da una nobiltà decadente e scialacquante, da gravi disagi tra i ceti sociali più poveri.
Sotto le spoglie di un buonismo (obbligato dalla pesante censura pontificia), si intravede la lettura sarcastica di una fiaba amara più che zuccherosa.

La prima rappresentazione ebbe luogo il 25 gennaio 1817 al Teatro Valle di Roma. Il contralto Geltrude Righetti Giorgi (già la prima Rosina del Barbiere di Siviglia), interpretò il ruolo di Cenerentola.

Il debutto, pur non provocando uno scandalo paragonabile a quello del Barbiere di Siviglia, fu un insuccesso.
Solo dopo alcune recite, l'opera incontrò il favore del pubblico, diventando molto popolare, sia in Italia che all'estero.

Genesi di quest'opera

Quest'opera fu scritta con sorprendente velocità – sia per la parte letteraria che per quella musicale –  e lo stesso Ferretti ne fa il resoconto. 
Nel dicembre del 1816 Rossini era a Roma con l’incarico di scrivere, per il Teatro Valle, una nuova opera da mettere in scena per il giorno di Santo Stefano; per un imprevisto veto dell’ultimora del censore pontificio, vista anche l’impossibilità di correggere il libretto esistente in modo soddisfacente per tutte le parti (censura, impresario e autori), il soggetto – la Francesca di Foix – fu scartato e si dovette ripiegare su un altro. 
In una riunione in teatro, presente anche l’impresario Cartoni, Ferretti, che nutriva un certo malanimo nei confronti di Rossini, avendogli il maestro rifiutato un precedente libretto per “Il barbiere di Siviglia”, acconsentì comunque alla collaborazione e iniziò a proporre i possibili soggetti; ma uno era troppo serio per il Carnevale (periodo a cui era stata posticipata la prima), uno era troppo frivolo, la messa in scena di un altro avrebbe comportato difficoltà tecniche o spese esorbitanti … 

Ferretti si trovò a proporre, senza esito, più di due dozzine di soggetti diversi; alla fine, fra gli sbadigli, con Rossini mezzo addormentato su un sofà, il poeta propose “Cenerentola”: Rossini si scosse dal torpore e sfidò Ferretti se avesse avuto l’animo di scrivergli un libretto su quella storia; Ferretti ribatté sfidando Rossini a rivestirla della propria musica.
Alla richiesta di Rossini sul quando avrebbe avuto qualche verso pronto per cominciare a lavorarci, Ferretti rispose testualmente: “… malgrado la mia stanchezza, anche domani mattina!“ Rossini annuì, si avvolse nei suoi panni e si addormentò. 

Ferretti lavorò tutta la notte e, come promesso, già il giorno di Natale le prime parti dell’opera erano pronte: lavorando come forsennati, Ferretti finì il libretto in ventidue giorni e Rossini lo musicò in ventiquattro!
Per la replica del Carnevale 1821 al Teatro Apollo di Roma, Rossini scrisse l’aria di Alidoro. 
Nonostante l’entusiasmo però, il poeta Ferretti nutriva seri dubbi sulla riuscita del lavoro; Rossini invece si dimostrò subito ottimista e profetizzò in capo ad un anno il pieno successo in Italia e, in capo a due, la stessa fortuna in Francia e in Inghilterra: “… gli impresari faranno a pugni per allestirla, come le primedonne per poterla cantare …”
In verità l’opera, il cui debutto avvenne il 25 gennaio 1817, ebbe una prima accoglienza alquanto fredda ma, dopo le prime repliche, altrettanto sfortunate, crebbe rapidamente in popolarità e, anche internazionalmente, conobbe un successo tanto travolgente da essere preferita allo stesso “Barbiere”, almeno per tutto l’Ottocento