Un altro grave problema a Roma sparita era la cura dei denti.
Per preservarli da qualunque malanno i rimedi indicati dalle comari, di cui si fidava Giggi Zanazzo, la soluzione era di sciacquarli mattina e sera con il piscio caldo. Si proprio così!!!
Questo liquido serviva anche a mantenerli bianchi e puliti.
Altro elemento che faceva bene ai denti era la polvere del pane abbrustolito, e anche la polvere di carbone, la cenere del sigaro e il bicarbonato in polvere.
Quando facevano male poi perchè erano cariati faceva bene metterci sopra un mozzicone di sigaro, oppure sciacquarsi la bocca con l'acquavite.
Un altro rimedio che era considerato una manosanta era questo: si doveva prendere un osso di pesca, metterlo sulla cenere calda a riscardarlo e poi metterlo in bocca dalla parte del dente che doleva, e il dolore si calmava.
Un altro rimedio riguardava quella che si chiamava tignola dei denti, cioè le carie. In questo caso si doveva comprare un pentolino piccolo, e farci bollire un pò di radice di salvia, radice di ortica, e mezza fojetta di aceto buono.
Si faceva ridurre questo liquido alla quantità di mezzo bicchiere, e con questo ci si doveva sciacquare i denti e le carie sarebbero sparite...
Frate Orsenigo
In casi gravi, tutti però sapevano che ci si poteva recare all'Isola tiberina accanto alla chiesa di San Bartolomeo. Qui aveva aperto un ambulatorio un frate - dentista, detto cavadenti, che con metodi risoluti cavava i denti senza tanti complimenti.
Si chiama Giovanni Battista Orsenigo, ed era nato a Pusiano (Como) nel 1837, aveva fatto la terza elementare ed era figlio di macellaio. All' ordine si era presentato con 38 libri e 12 ferri per denti.
Oltre alla gente comune molti personaggi dell' epoca ricorrevano alle sue tenaglie, che in alcuni casi erano il pollice e l'indice. Sfilarono, dal 1868 al 1903, davanti al frate i denti sconquassati di Giolitti, di Crispi, di Ruggero Bonghi, di Carducci quando era ospite dell' editore Angiolino Sommaruga in via Due Macelli.
Orsenigo poi andò al Quirinale al dolente richiamo della regal bocca della Regina Margherita, a papa Leone XIII senza che se ne accorga, porta via un molare, così pure alla divina cantante Adelina Patti. Quando andò in Vaticano per la piorrea di un Monsignore, Pio IX lo volle conoscere, gli disse che anche lui vorrebbe aver bisogno del suo tocco fatato ma che, peccato!, i denti non ce li aveva più. Orsenigo lavorava praticamente gratis, anche se non disdegnava qualche offerta dai benestanti.
Frate Orsenigo ebbe grande notorietà nella Roma Umbertina di fine Ottocento e la sua fama varcò l’Oceano, al punto da finir segnalato ne “Il Guinness dei primati” in quanto, avendo preso a collezionare i denti che estraeva nell’Ambulatorio dell’Ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina, riuscì a metterne assieme oltre due milioni: per l’esattezza, ad una conta effettuata nel 1903, ossia l’anno prima della morte, erano già arrivati a 2.000.744.
Dall'Isola Tiberina Orsenigo non si mosse mai più, continuando ininterrottamente a cavar denti fino all'anno 1904 che lo colse la morte. Nessuno s'azzardò mai ad assegnargli altri incarichi o ad inviarlo in altre Comunità, in quanto lo si riteneva assolutamente insostituibile in quell'ormai mitico Gabinetto Dentistico datogli accanto alla spalletta di Ponte Quattro Capi.
Per preservarli da qualunque malanno i rimedi indicati dalle comari, di cui si fidava Giggi Zanazzo, la soluzione era di sciacquarli mattina e sera con il piscio caldo. Si proprio così!!!
Questo liquido serviva anche a mantenerli bianchi e puliti.
Altro elemento che faceva bene ai denti era la polvere del pane abbrustolito, e anche la polvere di carbone, la cenere del sigaro e il bicarbonato in polvere.
Quando facevano male poi perchè erano cariati faceva bene metterci sopra un mozzicone di sigaro, oppure sciacquarsi la bocca con l'acquavite.
Un altro rimedio che era considerato una manosanta era questo: si doveva prendere un osso di pesca, metterlo sulla cenere calda a riscardarlo e poi metterlo in bocca dalla parte del dente che doleva, e il dolore si calmava.
Un altro rimedio riguardava quella che si chiamava tignola dei denti, cioè le carie. In questo caso si doveva comprare un pentolino piccolo, e farci bollire un pò di radice di salvia, radice di ortica, e mezza fojetta di aceto buono.
frate Orsenigo |
Frate Orsenigo
In casi gravi, tutti però sapevano che ci si poteva recare all'Isola tiberina accanto alla chiesa di San Bartolomeo. Qui aveva aperto un ambulatorio un frate - dentista, detto cavadenti, che con metodi risoluti cavava i denti senza tanti complimenti.
Si chiama Giovanni Battista Orsenigo, ed era nato a Pusiano (Como) nel 1837, aveva fatto la terza elementare ed era figlio di macellaio. All' ordine si era presentato con 38 libri e 12 ferri per denti.
Oltre alla gente comune molti personaggi dell' epoca ricorrevano alle sue tenaglie, che in alcuni casi erano il pollice e l'indice. Sfilarono, dal 1868 al 1903, davanti al frate i denti sconquassati di Giolitti, di Crispi, di Ruggero Bonghi, di Carducci quando era ospite dell' editore Angiolino Sommaruga in via Due Macelli.
Orsenigo poi andò al Quirinale al dolente richiamo della regal bocca della Regina Margherita, a papa Leone XIII senza che se ne accorga, porta via un molare, così pure alla divina cantante Adelina Patti. Quando andò in Vaticano per la piorrea di un Monsignore, Pio IX lo volle conoscere, gli disse che anche lui vorrebbe aver bisogno del suo tocco fatato ma che, peccato!, i denti non ce li aveva più. Orsenigo lavorava praticamente gratis, anche se non disdegnava qualche offerta dai benestanti.
Frate Orsenigo ebbe grande notorietà nella Roma Umbertina di fine Ottocento e la sua fama varcò l’Oceano, al punto da finir segnalato ne “Il Guinness dei primati” in quanto, avendo preso a collezionare i denti che estraeva nell’Ambulatorio dell’Ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina, riuscì a metterne assieme oltre due milioni: per l’esattezza, ad una conta effettuata nel 1903, ossia l’anno prima della morte, erano già arrivati a 2.000.744.
Dall'Isola Tiberina Orsenigo non si mosse mai più, continuando ininterrottamente a cavar denti fino all'anno 1904 che lo colse la morte. Nessuno s'azzardò mai ad assegnargli altri incarichi o ad inviarlo in altre Comunità, in quanto lo si riteneva assolutamente insostituibile in quell'ormai mitico Gabinetto Dentistico datogli accanto alla spalletta di Ponte Quattro Capi.