Il precetto pasquale, cioè la confessione e comunione obbligatoria per tutti i cattolici, a Pasqua era imposto come un dovere morale, anzi un obbligo giuridico, dalla Chiesa.
Per agevolare tutti, il parroco amministrava continuamente, ed in tutte le ore della mattina, la comunione ai suoi parrocchiani.
Responsabili di questa, come dire, operazione precetto pasquale erano i tanti parroci di Roma sparita.
E così erano gli stessi parroci che facevano consegnare dal sagrestano ad ogni parrocchiano, al momento di prendere il sacramento, un biglietto che valeva da attestato del precetto rispettato…
Poi terminato il periodo pasquale, giravano a raccogliere per le case
| Certificato di avvenuta confessione del precetto pasquale Parrocchia di S.Caterina della Rota (1861) |
Figuriamoci gli imbrogli, le false giustificazioni, le astuzie e i trucchi di ogni tipo a cui dava luogo questo sistema "fiscale".
Proprio per controllare i parrocchiani, che volevano fare i furbi, a Roma sparita (ma anche nelle altre province dello stato pontificio vigeva lo stesso regime) nessuno poteva confessarsi e comunicarsi in altro luogo se non nella propria parrocchia, né si potevano presentare attestati di altri parroci. E tutti quelli che si confessavano e comunicavano solo a Pasqua erano detto pasqualini.
Recandosi personalmente in case, osterie, botteghe e locande, controllavano così che tutti i romani adulti e battezzati, ad eccezione dei pubblici peccatori, si confessassero e ricevessero la comunione. Si trattava in sostanza di un registro in cui venivano scritti i dati anagrafici e religiosi dei parrocchiani. Questi censimenti ante litteram, sia pure molto imprecisi e redatti con finalità di controllo della popolazione, rappresentano una preziosa fonte per conoscere il numero e la composizione degli abitanti della Roma pontificia.
Terminato però anche il periodo di proroga, il giorno dopo la pentecoste (cioè cinquanta giorni dopo Pasqua) ogni parroco inviava una lista con i nomi degli inadempienti al Vicariato.
Però, poichè spesso i parroci erano corrotti, il criterio seguito nello stendere la lista era lacunoso. Nell'elenco infatti si trovavano esclusivamente nomi di povera gente, e nel caso in cui il parroco fosse stato onesto e avesse messo nella lista anche i trasgressori, cioè i ricchi, i nobili allora ci pensava addirittura il potente cardinal Vicario a cancellarli con un colpo di spugna dalla lista.
Il tribunale del Vicario si occupa degli inadempienti. La fase successiva prevedeva che i parrocchiani disobbedienti venissero invitati, entro i seguenti 12 giorni a presentarsi al tribunale del Vicariato per giustificare il loro comportamento, in caso contrario si sarebbe proceduto all'interdetto. Il potere religioso così andava a braccetto co quello giudiziario.
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| A. Pinelli, Chiesa di San Bartolomeo all'Isola |
nascondeva imbrogli, trucchi, falsificazioni come già detto prima.
Lo racconta Giggi Zanazzo, e prima di lui il Poeta Giuseppe Gioachino Belli.










