Roma sparita

11 ottobre 2021

A Roma sparita era San Rocco il protettore dalle epidemie..


San Rocco è ritenuto il protettore di Roma dalle grandi pestilenze.
Nativo di Montpellier, in Francia, dopo aver venduto tutti i suoi beni si mise in cammino verso Roma e attraversò l’ Italia curando e confortando i malati di peste. Nonostante le notizie sulla sua vita siano poche e imprecise, è uno dei Santi più amati e popolari. 
Invocato dal Medioevo come protettore dal terribile flagello della peste, tanto che il Concilio di Costanza nel 1414 lo invocò santo per la liberazione dall'epidemia che era scoppiata.
Le reliquie
Verso la fine del 1500 Papa Clemente VIII(1592-1605) decise di far portare a Roma la reliquia più importante di San Rocco, conosciuto come il “Santo Taumaturgo”.
La decisione del Santo Padre era legata alle notizie riguardanti un focolaio di peste che sarebbe potuto giungere nella città eterna; già in passato la pestilenza aveva causato morti. In un primo momento il Braccio del Santo venne ospitato nella Chiesa di San Sebastiano fuori le mura, considerato al tempo come il protettore di Roma contro le pestilenze.
Solo un paio di anni dopo la reliquia venne trasferita nella chiesa di San Rocco che si trovava a Ripetta, vicino al porto dal quale giungevano merci e persone nella capitale. Si riteneva infatti che quel luogo fosse simbolico, poiché in diverse occasioni la pestilenza cominciava a diffondersi proprio da lì e la presenza della reliquia avrebbe dovuto proteggere Roma dal contagio.
La chiesa di S.Rocco.
Costruita nel 1499 per volontà della Confraternita degli Osti e dei Barcaioli di Ripetta, che la dedicarono al santo eremita francese che, vuole la leggenda, fu sfamato da un cane quando cadde malato di peste. 
La chiesa era annessa ad un ospedale nel quale venivano curati gli appestati. Successivamente fu aggiunta anche un'ala destinata alle mogli dei barcaioli per evitare che queste partorissero sulle barche, in condizioni malsane ed anche una sezione per le partorienti nubili che qui venivano accolte con il volto coperto, in totale anonimato e, in caso di morte, sepolte col solo numero di registrazione: per questo motivo il complesso venne soprannominato l'Ospedale delle Celate.

Le pestilenze. In più di un’occasione i romani si rivolsero all’intercessione di San Rocco per evitare il diffondersi della peste e delle epidemie in genere.
L’ultima volta che questo accadde fu nel 1854, poco prima dell’unità d’Italia.
Si erano verificati in città alcuni episodi di contagio da colera e tra i cittadini si era diffuso il panico. Nelle settimane precedenti al diffondersi dell’epidemia a Roma, Papa Pio IX chiese che venisse esposto il Braccio di San Rocco. Già da giorni, però, i romani pregavano il Santo di proteggerli dal contagi
Quando i primi casi di colera si verificarono a Roma, Pio IX concesse l’indulgenza temporanea a chi andava a pregare alla chiesa di San Rocco e quella plenaria a chi vi si recava 7 volte. In quei giorni frotte di fedeli si succedevano nella chiesa per pregare e in poco tempo l’epidemia cominciò a scemare.
Qualche tempo dopo l’epidemia di colera fu scongiurata.

3 ottobre 2021

Roma sparita. Le ottobrate.

Wilhelm Marstrand -
La festa delle ottobrate - 1839

"Ottobrata romana": questa espressione si usa per definire il clima mite che caratterizza il mese di Ottobre a Roma. Infatti la Capitale ad Ottobre è unica e bellissima: praticamente vive una seconda estate con i colori e gli odori dell'autunno.
Le "ottobrate". Erano le tradizionali feste che chiudevano il periodo della vendemmia nel mese di ottobre. 
Per celebrare il raccolto e la fine del duro lavoro, nelle giornate di giovedì e di domenica intere famiglie organizzavano una gita fuori porta (detta "ottobrata" per l'appunto) e da ogni rione partivano delle carrette adornate di campanacci, su cui sedevano preferibilmente le donne. Il resto della comitiva seguiva a piedi il carro fino alla destinazione.
Le scampagnate fuori porta
Oggi sembra impossibile immaginare com'era Roma sparita quando nelle zone fuori porta (Ponte Milvio, San Giovanni, Porta Pia, San Paolo, Monteverde e Monte Mario, Testaccio ...) era tutto un fiorire di orti e vigne.
La città si sviluppava all'interno delle mura, fuori era campagna, con qualche rudere, qualche osteria e qualche isolata costruzione.  
E così, era tradizione specialmente nel mese di ottobre andare a fare scampagnate fuori porta.  Quando le vigne erano ricolme di uve pronte per la raccolta, e  la vendemmia era ancora da fare si partiva da Roma per una festa di fine raccolto, dove tra  spensierati  stornelli, fiumi di vini novelli, l'allegria regnava sovrana. 
Le belle donne romane erano al centro dell'attenzione, con le loro mise particolari e con ornamenti floreali, rinnovando gli antichi riti dei Baccanali.

Le fraschette ieri e oggi
 Campagna romana
(S. Corrodi-1876) 
In effetti ai romani è sempre piaciuto bere e mangiare fuori casa spendendo poco.. 
Così esistevano da tempi remoti le fraschette tipiche dei castelli romanidove lo stretto legame con il vino nuovo si coniugava con la tradizione delle osterie. 
Il nome era legato all’usanza di esporre sull’insegna dei locali un ramoscello di vite, o frasca pr farle riconoscere.
Ma non solo. Che cosa caratterizzava le fraschette rispetto alle osterie?

Nelle fraschette anticamente si portavano cibi  già preparati da casa (immancabile gnocchigallinaccitrippa e abbacchio e altre specialità), e si beveva il vino dell'annata dei Castelli, servito in particolari contenitori di vetro, i barzilai (doppi litri), i tubbi (litri) e le fojette (mezzi litri).

La fraschetta era infatti sprovvista di cucina, e qui si poteva consumare soltanto pane casareccio,  uova sode, qualche oliva, acciughine, coppiette di suino, fette di formaggio per non bere il vino a stomaco vuoto. 
Le fraschette di oggi sono molto cambiate e sono diventate tutte osterie dove si servono molti piatti della tradizione romana: dall’immancabile porchetta di Ariccia, alla gricia, matriciana, cacio e pepe etc.
Attualmente nelle fraschette c’è sempre un bancone della gastronomia dove si possono acquistare vari generi alimentari da consumare al momento e naturalmente è sempre il luogo ideale per gustare una bella caraffa di vino della casa.

Zanazzo e le ottobrate a Testaccio 
E nei suoi "Usi e costumi dei romani.." Gigi Zanazzo riferisce di gite nella zona di Testaccio:
Siccome Testaccio stà vvicino a Roma, l’ottobbere ce s’annava volentieri, in carozza e a piedi. Arivati llà sse magnava, se bbeveva quer vino che usciva da le grotte che zampillava, poi s’annava a bballà’ er sartarèllo o ssur prato, oppuramente su lo stazzo dell’osteria der Capannóne, o sse cantava da povèti, o sse giôcava a mmòra.
La sera s’aritornava a Roma ar sóno de le tammurèlle, dde le gnàcchere e dde li canti:
«A la reale,
L’ottobbre è ffatto com’er carnovale!».
Bartolomeo Pinelli
 Il saltarello
E ttanto se faceva a curre tra carozze e ccarettelle, che succedeveno sempre disgrazzie.]

[Versione "Siccome Testaccio sta vicino a Roma, a ottobre si andava, in carrozza o a piedi. Arrivati là si mangiava, si beveva quel vino che usciva dalle grotte zampillando, poi si andava a ballare il saltarello o sul prato, oppure davanti all'osteria del Capannone, o si cantava da poverelli,  o si giocava a morra.
La sera si ritornava a Roma al suono delle tamburelle, delle nacchere e dei canti.« Come per i re, ottobre è come carnevale». E tanto si faceva a correre tra carrozze e carrettelle, che succedevano sempre disgrazie].

Giochi, balli per passare il tempo
Nel programma della giornata passata fuori porta c'erano dunque giochi come bocce, ruzzola, altalena e alberi della cuccagna e canti, balli, stornelli. 
Ottobrata Romana
di A. Thomas (1791-1833)
Il vino scorreva a fiumi e accompagnava grandi mangiate: durante le "scampagnate" non mancavano mai gnocchi, gallinacci, trippa e abbacchio. Le tamburelle, le chitarre e le nacchere accompagnavano il ballo del saltarello,  le cui movenze erano spesso accompagnate da un ritornello:

 "birimbello birimbello
  quant’è bono 'sto sartarello
  smòvete a destra smòvete a manca
  smòvete tutto cor piede e  coll’anca"

[Versione: birimbello birimbello, quanto è bello questo saltarello, muoviti a destra e muoviti a sinistra, muoviti tutto con il piede e con l'anca]

La festa era ravvivata dal ritmo del saltarello e  dagli effetti del vino.
Tanto che, come ci racconta lo stesso Zanazzo, il rientro in città era sempre più pericoloso della partenza.
E così le ottobrate romane ancora oggi sono famose per il bel tempo, per i colori e la luce particolare di cui si colora  la città....